mercoledì 12 maggio 2021

Quarant’anni fa l’attentato a San Giovanni Paolo II. La profezia del Papa polacco sulle macerie del futuro e su Cristo Salvatore.

Era un mercoledì pomeriggio, soleggiato e pieno di gente in piazza San Pietro per l’udienza del mercoledì. Prima della sua catechesi, quel 13 maggio 1981, Giovanni Paolo II fece un giro sulla papamobile per salutare le migliaia di pellegrini presenti. In mezzo a questi si nascondeva un sicario di professione, il turco Ali Agca, che gli sparò quattro colpi di pistola. Oggi, incorniciata dai sanpietrini del sagrato, una piccolissima lapide ricorda il luogo in cui la Fiat Campagnola si trovava al momento dell’attentato. L’evento di cronaca è diventato storia, e quella storia, oggi, dopo quarant’anni, assume sempre di più le dimensioni del “mito”. Perché quel fatto non ha esaurito il suo significato. Se la mano invisibile della Madonna di Fatima deviò il proiettile per renderlo inoffensivo, come credette e disse apertamente lo stesso Wojtyla, allora i “giorni in più” che furono dati al pontefice polacco assumono una rilevanza particolare. Erano, quelli, gli anni finali di un secolo maledetto e breve (quello delle due guerre mondiali) che si andava concludendo con la caduta del comunismo e con la pax americana della globalizzazione. Si sperava in una nuova epoca di pace con l’avvento dell’Europa unita, con la politica della moneta unica e con le meraviglie della tecnoscienza che sembrava inarrestabile. Eppure, in molte lettere e anche durante il Grande Giubileo del 2000, Giovanni Paolo II puntava continuamente il dito sulle zone d’ombra che rischiavano di trasformare il nuovo millennio in un incubo. Nonostante l’apparente euforia, la società degli anni ‘90 era inquieta e cupa. Andavano di moda la musica techno, le modelle anoressiche, il nero. Il cinema americano amplificava le paure per il passaggio del millennio con i film sugli asteroidi dello spazio pronti a ridurre in cenere la Terra. Qualcosa di sano c’era in tali ansie di fine millennio. Se un’epidemia come quella di oggi si fosse verificata nel 1995, le persone avrebbero fatto file chilometriche ai confessionali delle chiese. Oggi, che l’epidemia c’è davvero, la peggiore della storia (al punto che abbiamo dovuto coniare un neologismo: “pandemia”), le file chilometriche si vedono, sì, ma alle gelaterie che hanno riaperto. Quanto sia andata avanti l'"apostasia silenziosa" o, per dirla con Papa Francesco, la “colonizzazione ideologica” delle coscienze, è cosa evidente. E allora quei “giorni in più” di vita dati a San Giovanni Paolo II sembrano una concessione della misericordia divina per tenerci svegli. Vegliate! pare essere la grande eredità del papa polacco. Quantomai attuale risuona l’Atto di Affidamento dell’8 ottobre 2000, nel quale Wojtyla scrisse rivolgendosi a Maria Santissima : “Vogliamo oggi affidarti il futuro che ci attende, chiedendoti d’accompagnarci nel nostro cammino. Siamo uomini e donne di un'epoca straordinaria, tanto esaltante quanto ricca di contraddizioni. L'umanità possiede oggi strumenti d’inaudita potenza: può fare di questo mondo un giardino, o ridurlo a un ammasso di macerie. Ha acquistato straordinarie capacità d’intervento sulle sorgenti stesse della vita: può usarne per il bene, dentro l'alveo della legge morale, o può cedere all'orgoglio miope di una scienza che non accetta confini, fino a calpestare il rispetto dovuto ad ogni essere umano. Oggi come mai nel passato, l'umanità è a un bivio. E, ancora una volta, la salvezza è tutta e solo, o Vergine Santa, nel tuo figlio Gesù”.  L’umanità al bivio, tra giardino e macerie, la scienza fuori controllo (il virus sfuggito dal laboratorio cinese) sembrano una profezia dei giorni attuali. Ma di Giovanni Polo II non dobbiamo dimenticare nemmeno il messaggio di straripante speranza. Gesù è sempre lì, al centro della storia, o meglio dentro la storia. È il Dio-con-noi crocifisso che dà la salvezza. Basta crederlo, sì, con tutte le forze. La fede è sempre possibile, l’uomo ha la redenzione a portata di mano. Proprio questo sprazzo di luce vogliamo custodire ricordando il grande pontefice.