giovedì 1 febbraio 2018

La pubblicità è blasfema, ma per l’Europa diventa libertà d’espressione

Pochi giorni fa la corte Europea dei diritti dell’uomo ha accolto il ricorso di un’azienda che era stata multata dalla Lituania per il lancio di una campagna pubblicitaria blasfema. I fatti risalgono al 2012, quanto la ditta lituana che produce capi di abbigliamento diffuse sul web immagini che ritraevano modelli truccati come Cristo e la Madonna, accompagnati da claim con doppi sensi religiosi per promuovere un paio di jeans o camicette femminili.
Non li riporto per non creare ulteriori imbarazzi. Dopo essere stata sanzionata, la società aveva presentato invano ricorso in tutti i gradi di giudizio nel suo Paese e alla fine aveva sollevato la questione a Strasburgo (sede del tribunale internazionale che non è un organo dell’Unione Europea ma fa capo al Consiglio d’Europa). Due giorni fa è arrivata la sentenza, che assolve la ditta perché la Lituania non ha portato sufficienti motivazioni per dimostrare che l'uso di simboli religiosi nella pubblicità in questione fosse contrario alla pubblica morale. La libertà di espressione, hanno proseguito i giudici, va garantita. Non è la prima volta che queste tristissime e bassissime campagne pubblicitarie fanno parlare di sé per via dei loro contenuti offensivi nei confronti dei simboli cristiani. In Italia accadde qualcosa di simile nel 1971, sempre a causa di un paio di jeans. Modelle formose e allusioni al vangelo fecero indignare l’opinione pubblica, ma gli autori della trovata non hanno mai chiesto scusa (anzi, ancora oggi ne vanno fieri). Durante le passate feste natalizie, alcuni spot blasfemi sono apparsi su Sky e a Roma io stesso ho visto sui muri cartelloni di una indicibile volgarità, ma esposti senza il minimo imbarazzo. Fatti, ripeto, assai tristi, che la dicono lunga sull’imbarbarimento culturale di cui, eppure, certa Europa sembra andare fiera. Perché un tribunale internazionale, che formalmente dovrebbe tutelare la dignità dell’uomo, usa per simili espedienti da strilloni la parola “libertà di espressione”. La libertà è ben altra cosa. Se le immagini di Cristo e della Madonna vengono derise, se i doppi sensi da taverna oltraggiano il vangelo, dov’è la libertà? Ogni anno migliaia di uomini, donne e bambini perdono la loro vita proprio per la fede nel vangelo e perché si riconoscono in quei simboli.