Il Blog di Antonio Marguccio. Per difendere la Santa Chiesa Cattolica e il Papa
martedì 21 gennaio 2025
La Cappella Musicale Pontificia. Al passo coi tempi ma nel solco del proprio DNA
C'è un'istituzione in Vaticano che, con il passare del tempo, è rimasta sempre al suo posto senza diventare un reperto archeologico. Cambiamenti liturgici e nuove mode musicali non hanno cambiato il suo DNA profondo, che è quello di essere la “voce musicale” delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice.Deve il suo nome al Papa Sisto IV, il costruttore della celebre Cappella Sistina poi affrescata da Michelangelo, anche perché in passato le performance dei cantori avvenivano principalmente proprio in questo ambiente spettacolare. La sua fama superava i confini italiani e l'élite europea ambiva presenziare a una cerimonia nella Sistina per ascoltare le splendide voci del coro papale, rigorosamente virili e senza accompagnamento strumentale, in particolare nei giorni della Settimana Santa. La schola cantorum serbava dei brani custoditi con gran segretezza per la loro fattura compositiva, come il celeberrimo Miserere a 9 voci di Gregorio Allegri, partitura polifonica che incantava per la sua eterea intensità e che veniva eseguita soltanto una volta all'anno, il venerdì Santo, in un clima di commozione generale. Come è noto soltanto un compositore eccentrico e fenomenale del calibro di Mozart riuscì a violarne il mistero mettendo su carta le note ascoltate nel corso del suo viaggio in Italia. Negli ultimi secoli, la Cappella Musicale Sistina ha affrontato tutte le traversie degli aggiornamenti liturgici e musicali in seno alla Chiesa. Dal movimento ceciliano otto-novecentesco per una maggiore partecipazione dell'assemblea al canto, all'introduzione dei testi in lingua italiana; dall'apertura a nuovi stili musicali contemporanei all'uso dell'organo a canne, una volta proibito. Ma tutte queste innovazioni non hanno scalfito l'essenza dell'istituzione che oggi può vantare una freschezza e una capacità di adattamento che ha del clamoroso. Basti analizzare la situazione della musica liturgica papale sotto gli ultimi due pontefici. Con Benedetto XVI, le cerimonie in San Pietro hanno conosciuto una notevole amplificazione e dilatazione, grazie anche all'uso di importanti paramenti liturgici che erano stati via via dismessi dopo il Vaticano II. La musica è entrata di prepotenza nei riti solenni, grazie anche a una più fedele ripresa fonica dei cantori e dell'organo e ai migliorati standard di trasmissione audiovisiva. Un aspetto interessante è stato il recupero della grande tradizione polifonica romana (Palestrina in primis) senza dimenticare però la necessaria partecipazione dei fedeli al canto. L'organo a canne ha avuto nuova e più manifesta visibilità, grazie ad un interprete di assoluta eccellenza quale Paradell Solé, ora emerito. Benedetto XVI amava introdurre le proprie omelie con il suono dell'organo che, dopo l'Alleluja, diminuiva progressivamente i propri registri, dal fortissimo al pianissimo, mettendo in pratica quanto Ratzinger aveva scritto a proposito di questo strumento, che un tempo precedeva le allocuzioni degli imperatori cristiani quasi a suggerirne l'ispirazione divina. Con Papa Francesco le liturgie in San Pietro hanno conosciuto una diversificazione non meno interessante. La Cappella Musicale, ora guidata da mons. Pavan, formatosi all'epoca di Giovanni Paolo II e del maestro Liberto, si è adattata alle nuove esigenze, accorciando i tempi di esecuzione ma sfoderando repertori di alta qualità (soprattutto dei pueri cantores) nel solco del gregoriano e della polifonia. L'apertura della porta santa, lo scorso 24 dicembre, è avvenuta all'insegna di una “colonna sonora liturgica” sobria ma solenne, nello stile di Papa Bergoglio che desidera liturgie essenziali e concrete: inno del Giubileo in italiano e Missa De Angelis in facile gregoriano per il popolo. Cambiano i tempi e le modalità, ma la Cappella Sistina continua a incantare con la sua musica.