sabato 4 marzo 2023

Uomini-macchina. La fantascienza è realtà, ma Papa Francesco mette in guardia dalla tecnologia "onnipotente"

È passato inosservato un incontro che Papa Bergoglio ha avuto con la prestigiosa Società Max Planck, lo scorso 23 febbraio. L'ente tedesco con ramificazioni in tutta Europa vanta una lunga e vincente storia di ricerca scientifica in moltissimi settori, e per i suoi settantacinque anni di attività una delegazione è giunta in Vaticano per festeggiare l'anniversario. In quell'occasione, il Papa argentino si è congratulato per i traguardi raggiunti dai ricercatori della Max Planck, tuttavia nel suo discorso ha voluto soffermarsi sul problema del “pensiero ibrido” che, lontano dai riflettori, pone seri interrogativi sull'integrazione della struttura umana con la tecnologia. Sempre più scienziati e mecenati ultramiliardiari stanno investendo nelle tecnologie che permettono a persone con gravi deficit mentali o motori di ricorrere a microchip o protesi artificiali. La sperimentazione nelle sue intenzionalità più utopiche, mira alla vera e propria fusione dell'homo sapiens con dispositivi artificiali potentissimi, in grado di alterare e incrementare le capacità cognitive della mente umana al punto da creare una specie completamente nuova di “uomini aumentati” o cyborg. L'anno scorso è stato impianto un chip nel cervello di una scimmietta che ha permesso al primate di giocare al videogioco Pong senza usare le mani, ma controllando il joystick con la mente “aumentata” capace di connettersi al computer. Tra qualche anno queste tecnologie potrebbero essere applicate ai cervelli umani. Il fenomeno, se ha un suo retroterra filosofico nel transumanesimo, è stato ampiamente sfruttato dai libri e dal cinema di fantascienza. E tuttavia le notizie che ci arrivano destano stupore ma anche confusione. Papa Francesco ha fatto notare che “la fusione tra la capacità cognitiva dell’uomo e la potenza computazionale della macchina modificherebbe in modo sostanziale la specie homo sapiens. Non possiamo allora non porci il problema del senso ultimo, cioè della direzione, di quanto va accadendo sotto i nostri occhi”. E soprattutto ha ricordato una verità sacrosanta: ciò che è potenzialmente realizzabile dalla tecnica non può esimersi da una riflessione sulla reale disponibilità etica, considerazione questa che sarebbe tipica dell'umano. Questo il passaggio chiave: “Nella stagione della Seconda Modernità ha preso a diffondersi, negli ambiti della grande scienza, un principio di responsabilità 'tecnica' che non ammette il giudizio morale di ciò che è bene e male. L’agire, specialmente delle grandi organizzazioni, andrebbe valutato in termini solo funzionali, come se tutto ciò che è possibile fosse, per ciò stesso, eticamente lecito. La Chiesa mai potrà accettare una posizione del genere, delle cui tragiche conseguenze abbiamo già avuto fin troppe prove”. La nuova, grande battaglia del secolo rischia di essere proprio questa. Da una parte una ricerca tecnico scientifica finalizzata alla realizzazione del cyborg e all'abbandono addirittura della corporeità, secondo i dogmi del transumanesimo, dall'altra l'accettazione della sacralità e dell'integrità biologico-spirituale della persona. Dalla crisi del concetto stesso di uomo, potrebbe scaturire un nuovo dialogo tra il cristianesimo e la scienza, oppure una nuova collisione di dimensioni potenzialmente enormi.