venerdì 24 dicembre 2021

Gli ultraricchi e il desiderio di immortalità. Il Natale salverà l’uomo in un’altra maniera

Una startup americana ha ricevuto un finanziamento di 1,5 miliardi di dollari da un imprenditore, uno dei più ricchi del mondo, per trovare una soluzione al problema che da sempre affligge l’umanità. La fame nel mondo? La guerra? La preservazione del sapere? Macché. L’ultraricco donatore ha preso di mira il problema in assoluto più grande e invincibile: la morte. Sembra un film di fantascienza e invece si tratta di un serissimo progetto scientifico che registra la collaborazione di premi Nobel nel campo della medicina e della biologia. E il personaggio non è nemmeno l’unico ad avere investito così tanto su un’impresa apparentemente folle, visto che altri "paperoni" hanno elargito cifre simili in ricerche su questo campo. Che dire? Nell’epoca della pandemia che miete ogni giorno vittime con la sua falce crudele, questa élite sta sfidando il destino, o se vogliamo, la stessa natura dell’uomo, con la mentalità tipica del materialismo scientifico, la grande, accecante ideologia del nostro tempo. Come cristiani dobbiamo riflettere e trarre un insegnamento da queste cose. Sappiamo che il desiderio di vita infinita in sé non è negativo, è nel cuore dell’essere umano perché creato ad immagine di Dio, Autore della vita. Ma sappiamo pure che l’ambizione di Prometeo è destinata, nel mito come nella realtà, a registrare schianti paurosi e distruzione, tutt’altro che vita a dismisura. La festa del Natale viene proprio a ricordarci che la vita dell’uomo non si gioca su un’unica dimensione, quella storico-terrena, ma che il Verbo eterno, il Dio celato da sempre ai nostri sguardi, è venuto a piantare la sua tenda in mezzo a noi proprio per offrirci la salvezza. Questa offerta di amore, che contempliamo nell’immagine del Bambino di Betlemme, fasciato da poveri panni nel tugurio degli ultimi di questa terra, è la vera sapienza, la vera possibilità di vita infinita per l’umanità intera. Ma questa vita non si gonfia come un pallone per inseguire l’Olimpo, non fa affidamento sulle forze ridicole della scienza, anzi, si china sulla ferialità dell’esistenza concreta per percorrerla sulle orme del Salvatore, lavorando sodo nella storia ma non erigendola a feticcio e a limite invalicabile dell’umano percorso. Ben sapendo che la croce, sì, la croce – e cioè le difficoltà, il dolore, le fragilità e in ultimo la morte – è parte integrante del percorso. La luce brilla nelle tenebre, ci dice il Prologo di Giovanni: è la speranza umile e perseverante nella resurrezione, quella vita eterna che il Messia ha promesso a tutti. Se solo sapremo seguire Gesù dalla culla alla croce (proprio come insegnano le icone orientali che ritraggono il giaciglio del Bambinello a forma di piccola tomba), le nostre vite germoglieranno per sempre nel giardino del paradiso, come un seme innaffiato dalla pioggia della misericordia divina. Buona Natale a tutti voi!