venerdì 21 agosto 2020

L'estate italiana in tempo di pandemia. Se il virus cancella le devozioni popolari

Tutti conosciamo e usiamo ancora con una certa frequenza l'espressione “miracolo italiano” per riferirci alla straordinaria ripresa del nostro Paese dopo la seconda guerra mondiale, quando ci risollevammo dalle nostre macerie e in poco tempo riuscimmo a colmare il divario con paesi ricchi e potenti, al punto da diventare una delle sette economie più ricche del mondo. Secondo me questa espressione, ormai, dovrebbe essere usata per indicare un altro “miracolo italiano” che tutto il mondo non ha saputo spiegarsi neanche questa volta. Mi riferisco alla velocità con cui, partendo da una situazione sanitaria disastrosa, lo Stivale è riuscito a sconfiggere il coronavirus con circa due mesi di quarantena strettissima e dolorosa ma, lo possiamo dire, benefica, facendo quasi da esempio per i paesi che dopo di noi venivano contagiati. Ma nessuno è riuscito a fare quello che ha fatto l'Italia, e da ultimi della classe siamo diventati i primi, al punto che l'estate ormai al termine è diventata quasi surreale. Mentre in tutti gli Stati crescevano le criticità, le paure e i numeri della seconda ondata, da noi si banchettava allegramente a base di cocomeri, come sempre. Se c'è un pericolo, adesso, è dato proprio dall'esplosione del morbo all'estero, che sta causando un inevitabile contagio di ritorno anche qui, a fronte di focolai autoctoni praticamente spenti o inoffensivi. Le incognite sul futuro tornano ad essere tante e l'incertezza segnerà sicuramente i mesi a venire. Ma una cosa, di questo “secondo miracolo italiano”, ha destato preoccupazione: la scomparsa di tutti quei variopinti fenomeni della devozione popolare che, soprattutto a Ferragosto, caratterizzano i tanti campanili della Penisola. In particolare le processioni così antiche e le feste dedicate all'Assunta: tutte, irrimediabilmente, cancellate o rinviate, nel silenzio generale, per motivi di cautela che si è pensato di osservare nonostante le macroscopiche licenze concesse ad albergatori e proprietari di discoteche. Gli assembramenti non sono tutti uguali, in discoteca come nelle chiese? E invece no, abbiamo assistito a due pesi e due misure, in nome di un'economia che deve ripartire. Ma non è precisamente questo l'errore che ha denunciato Papa Francesco nella desolante piazza San Pietro il 27 marzo? Il virus mette a nudo tutta la debolezza dell'allegra globalizzazione economica del nuovo secolo, tutta la fragilità di un sistema che annaspa per i segni più del mercato, ma che dimentica quello che più conta, un mondo fatto di relazioni fraterne e l'apertura dell'uomo al senso del tutto, che solo Dio può donare. La religione, considerata la cosa inutile per eccellenza dalla mentalità mercantilista odierna, è stata, permettetemi di dirlo, la vera sconfitta di questa estate, e nel silenzio generale. Bistrattata e dimenticata, soprattutto nelle sue forme pubbliche e civili, quelle che più dovrebbero contraddistinguerla. Il campanello d'allarme, quindi, è suonato. E spero che qualcuno lo abbia sentito.