
E cioè che la pace e il dialogo tra le religioni passano necessariamente per la ricerca della verità. Quello che si propone non è un dialogo statico, ma trasformante e dinamico, capace di cogliere gli elementi di un cammino in comune. Lo ha detto chiaro e tondo al suo discorso di benvenuto evocando la guerra etnica tra singalesi e tamil che ha insanguinato lo Sri Lanka: “Il processo di risanamento richiede di includere il perseguimento della verità, non con lo scopo di aprire vecchie ferite, ma piuttosto quale mezzo necessario per promuovere la loro guarigione, la giustizia e l’unità”. Al centro congressi ha espresso questo punto in maniera ancora più netta: “Se siamo onesti nel presentare le nostre convinzioni, saremo in grado di vedere più chiaramente quanto abbiamo in comune. Nuove strade si apriranno per la mutua stima, cooperazione e anche amicizia”. E quindi, alla Messa per la canonizzazione del sacerdote José Vaz, grande missionario dello Sri Lanka nel XVII secolo, precursore di un modello di inculturazione e di approccio multireligioso sorprendentemente attuale e simbolo della “Chiesa in uscita”, Bergoglio ha messo a fuoco il progetto di un'evangelizzazione mite ma ferma, aperta al dialogo fraterno e animata dal desiderio di portare Gesù Cristo a tutti i popoli. Il punto fondamentale dell'omelia: “San Giuseppe sapeva come offrire la verità e la bellezza del Vangelo in un contesto multi-religioso, con rispetto, dedizione, perseveranza e umiltà. Questa è la strada anche per i seguaci di Gesù oggi. Siamo chiamati ad 'uscire' con lo stesso zelo, con lo stesso coraggio di san Giuseppe, ma anche con la sua sensibilità, con il suo rispetto per gli altri, con il suo desiderio di condividere con loro quella parola di grazia che ha il potere di edificarli. Siamo chiamati ad essere discepoli missionari”.