sabato 2 marzo 2024

Una visita al Museo Diocesano di Palestrina. Tra i reperti che attraversano due millenni di storia, opere di Michelangelo e Caravaggio. E anche un Bambinello misterioso che emoziona e ricorda una poesia

Un pomeriggio piovoso mi ha portato a Palestrina, città antichissima a pochi chilometri da Roma, nel Museo Diocesano inglobato nel palazzo vescovile che da vent'anni ospita una ricca collezione di reperti. Le sorprese non sono mancate, a cominciare dai marmi di epoca imperiale romana, tra cui un sarcofago ed un'ara delle vittorie rinvenuti nel foro prenestino. Un apposito settore è dedicato alle numerose iscrizioni cristiane che rimandano al culto di Agapito, il giovane che versò il sangue per non abbandonare la fede durante la persecuzione di Aureliano. La città di Palestrina lo scelse come suo patrono e a lui dedicò dapprima una basilica paleocristiana in aperta campagna e poi il duomo cittadino. Proprio uno dei pezzi forti del museo è il busto-reliquiario cinquecentesco del martire, commissionato dal cardinale Marcantonio Colonna ed esposto nel rutilante salone degli argenti sacri. Un piccolo altorilievo in marmo che raffigura Eolo è attribuito a Michelangelo. Questo gioiello è custodito in una stanza che di colpo avvolge il visitatore nell'oscurità, come una sala cinematografica. L'attenzione è reclamata dall'unico punto di luce sulla parete di fondo: più ci si avvicina e più aumenta la bellezza della scultura. La collezione vanta interessanti tele restaurate, una delicata Madonna di stile raffaellesco e anche, addirittura, un Caravaggio (un San Gennaro decapitato di indubbio fascino) che purtroppo non è attualmente in sede a seguito di un prestito. Nella sezione dei cimeli papali, vari ritratti di pontefici romani e “memorabilia” di Giovanni Paolo II: la casula rossa con la quale celebrò la Messa a Palestrina il 18 agosto 1983, una scarpa bianca e vari rosari. Ci sono anche uno zucchetto di Pio XII che ha attirato la mia attenzione e una pianeta viola appartenuta e Leone XIII. L'oggetto sacro forse più inusuale è però un Bambinello dormiente datato al Settecento. La figura realizzata in cartapesta presenta il piccolo Gesù seduto su una sedia, con una mano appoggiata sulla guancia e l'altra su un bracciolo, mentre un piedino è posato sul globo terrestre. Scena di misteriosa e struggente dolcezza. Osservandola mi torna in mente una poesia appena abbozzata e subito interrotta, che il Manzoni scrisse per il Natale del 1833 e rivolta a Gesù bambino. Proprio da questa incompiutezza emana un messaggio straordinario. Come da sopra i turbini / Regni o Fanciul severo! È fato il tuo pensiero, / è legge il tuo vagir. Nonostante i suoi vagiti, il suo sonno, la sua piccolezza, quel Bambino è Dio e regna severamente sul mondo, talvolta lasciando l'uomo di fronte alle difficoltà della vita. Ma tu pur nasci a piangere, aggiunge subito il Manzoni. Ovvero, Tu sei venuto nella nostra carne, e ne condividi il dolore e la fragilità. Le gote di questa figurina sono infatti di un rosso paonazzo evidentissimo, che rimanda al suo destino di passione per amore. Il museo è attualmente aperto alle visite soltanto un giorno alla settimana (venerdì) ma non è richiesta la prenotazione. La Direttrice dott.ssa Ciprari ne ha cura con grande professionalità ed entusiasmo e le installazioni sono impeccabili e originali.