giovedì 2 aprile 2020

Bentornati al Medioevo 2.0

Venerdì 27 marzo 2020 Papa Francesco ha percorso da solo una piazza San Pietro mai così vuota e plumbea, per implorare a Dio la cessazione dell’epidemia che sta flagellando tutto il pianeta. E sotto un cielo che lasciava cadere la pioggia sul crocifisso di San Marcello, impressionante ritratto della solitudine del Cristo morente, ha tenuto una lunghissima riflessione sul brano evangelico di Gesù dormiente e della tempesta sedata (Mc 4,35-41).
Con grande coraggio e lucidità il Papa ha detto: “In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: ‘Svegliati Signore!’”. Hanno forse bisogno di commento queste parole? Tutta la carica spirituale del Pontefice “venuto dalla fine del mondo”, si è manifestata in quell’atteggiamento di fiducia, implorazione, solitudine e verità, di un “Vescovo vestito di bianco” che attraversava con passo affaticato una città e un mondo distrutti materialmente e psicologicamente, e che ha terminato il suo percorso proprio davanti a un crocifisso issato nel pieno di una crisi di senso. Ho sempre detto e ripetuto in questo blog, al punto da essere forse noioso, che Papa Francesco non è solo un “normale” Papa, ma un grande Papa, una benedizione del Cielo per la Chiesa e il mondo – a cui, duole dirlo, ottusi di mente e di cuore hanno rovesciato veleni infamanti – e in questi giorni mi sto convincendo sempre di più che sia stato scelto dallo Spirito Santo per dare all’umanità un forte messaggio di conversione, in uno di quei tornanti storici che lasceranno il segno. Certe espressioni del terzo segreto di Fatima sembrano riflettersi sulle vicende a cui stiamo assistendo oggi, ma questa è una mia personalissima idea (e nutro la speranza che le coincidenze siano finite). Senza scomodare il mistero di quella profezia tanto forte quanto controversa (sulla quale, va anche ricordato, San Giovanni Paolo II ci vide scolpita la sua vicenda esistenziale, e come dargli torto), il Papa argentino ha ribadito quanto aveva già detto in questi anni, e soprattutto nell’enciclica Laudato si’, che è la magna charta della Chiesa di questo tempo. Un’umanità ripiegata su stessa vuole vivere alla grande, ma in realtà sta solo ballando sul Titanic. Pensiamo un attimo a come è iniziato il secolo. Dopo i desideri di una pax americana o qualcosa del genere, fondata sul capitalismo e la mercificazione senza limiti, ci sono stati almeno tre grandi eventi negativi che hanno sparso paura e disillusione. Vale a dire l’11 settembre, la catastrofe ambientale e ora il virus globale che sta colpendo, e non è un caso, soprattutto i paesi più ricchi e sviluppati del pianeta. Non dimentichiamo la cifra distintiva del papato bergogliano, la sua accogliente disponibilità verso tutti, vicini e lontani, tale da determinare un anno straordinario di grazia, un giubileo fuori del comune dedicato proprio alla Misericordia divina, che tutto perdona e tutto ama. Perché proprio di misericordia abbiamo urgente bisogno, tante e tali sono le “strutture di peccato”, come diceva San Giovanni Paolo II, sulle quali questo nuovo secolo e le nostre stesse vite sono stati edificati. Dovremmo riflettere sul fatto che la possibilità di redenzione su scala globale ha anticipato di poco questa pandemia inaspettata. Ma viene anche da domandarsi come si stia muovendo la Chiesa in tempo di coronavirus. Per quanto riguarda l’Italia, destano meraviglia le centinaia e centinaia di suppliche che praticamente tutti i vescovi (e addirittura i sindaci di molte città)  hanno dedicato, in ogni diocesi, ai santi protettori, in particolare alla Vergine, per la cessazione del contagio. Si tratta di preghiere commoventi, che guardano all’essenziale, ai beni di fondamentale importanza (la vita e la fede) prima forse dati per scontati, e al territorio concreto nel quale si esiste e si vive. Iniziative decentrate, non guidate dalla Santa Sede (anzi, Papa Francesco si è mosso a suo modo e con i suoi tempi). E questo lo considero molto positivamente, perché la Chiesa è diventata davvero polifonica, come ebbe a dire Benedetto XVI, mollando gli ormeggi di quel centralismo del passato che puntava a serrare le fila per ovvie necessità di sopravvivenza (era in lotta contro gli assolutismi tanto dell’ancien regime quanto della modernità). Ora invece si nota un processo insolito, un ritorno alla dimensione locale della fede, a nicchie e contenuti personalizzati, a un suolo fisico sul quale poggiare i piedi. Insomma, stiamo andando verso un nuovo medioevo? Non fatto di cappe e di spade, di cavalieri e di castelli, ma di contrazione della spinta centrifuga voluta e attuata dalla modernità. La mia è una provocazione e per ora un semplice pensiero. Su cui occorrerà ragionare tanto.