lunedì 6 gennaio 2020

I segni dei tempi, Papa Francesco e la riflessione di mons. Semeraro

Mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano e Segretario del C9 (la commissione voluta da Papa Francesco per la riforma della Curia romana), ha pubblicato lo scorso ottobre una Lettera pastorale nella sua Diocesi dal titolo Abbi cura di lui (Edizioni MiterThev, 2019, pagine 97), che approfondisce il pensiero di Papa Francesco e lo reinterpreta con una finezza toccante. Il documento è certamente uno dei più belli mai pubblicati dalla Chiesa italiana negli ultimi anni.
In realtà molti teologi ed ecclesiastici si sono cimentati nel commento del magistero bergogliano che, a dispetto della sua immediatezza, necessita di uno studio molto serio e ragionato per lo spessore evangelico e l'originalità. Spesso le parole del Papa vengono travisate, mal recepite perché citate fuori contesto e soprattutto mal capite. Occorre ripeterle e virgolettarle, ma questo può non bastare. Bisogna gustarle e capirle con più calma, ed è proprio quello che ha fatto mons. Semeraro nella sua Lettera. Il vescovo di Albano ha "metabolizzato" Francesco grazie ad un amplissimo panorama a sfondo biblico, letterario, dottrinale, teologico, nel quale la predicazione del Papa viene a stagliarsi non come un corpo estraneo (fandonie della truffaldina ermeneutica della rottura), ma come un albero che affonda le sue radici nel terreno della Chiesa e che viene armoniosamente portato alla sua fioritura. Tutto questo grazie ad un ampio apparato di citazioni che vanno dai Padri della Chiesa agli agiografi medievali, passando per la Sacra Scrittura e gli autori contemporanei. In tal modo il pensiero del Papa argentino (le cui scaturigini non sono solo il documento di Aparecida, troppo spesso ricordato come la fonte per eccellenza) è realmente amplificato e interpretato. Alcuni esempi: il vangelo di Matteo, Tertulliano, i Padri del deserto, la Vita Beati Martini, l'ebrea Etty Hillesum, Giacomo Leopardi, ecc.. Ma c’è un punto sul quale desidero soffermarmi brevemente e riguarda forse l’aspetto più importante dell’attuale pontificato, l’invito cioè a riscoprire Dio uscendo dalle consuetudini e incontrando l’uomo di oggi con tutte le sue ferite. Credo che nel pensiero di Papa Francesco, l’uomo, quello povero e dimenticato, rappresenti un processo di evangelizzazione a doppio senso, per così dire: è occasione per portare Dio all’uomo da parte della Chiesa, e al tempo stesso è rivelazione nello scoprire Dio già presente nel cuore dell'uomo. Questo “rovesciamento”, che oggi sembra tanto provocatorio, a mio parere è un po’ la quintessenza del magistero di Papa Francesco, che evidentemente deve molto alla spiritualità ignaziana. Da esso discende anche il programma per la Chiesa del nuovo millennio, sintetizzato nel numero 71 della Evangelii Gaudium  che vale la pena di richiamare: “Abbiamo bisogno – si legge – di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. La presenza di Dio accompagna la ricerca sincera che persone e gruppi compiono per trovare appoggio e senso alla loro vita. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni, in modo impreciso e diffuso”. Su questo aspetto, la riflessione di mons. Semeraro è molto profonda e attinge alla dottrina dei “segni dei tempi” presente nel vangelo di Matteo (16,3), quindi ripresa dal Vaticano II (Gaudium et Spes n. 4 e 11) e portata al vertice da Papa Francesco. Dov’è Dio? La Chiesa di oggi sembra essere assediata da questa domanda che l’umanità intera, soprattutto quella sofferente, le rivolge in continuazione. Ognuno di noi, probabilmente, si è fatto questa domanda almeno una volta nella propria vita. E per il cristiano è sempre motivo di gioia l’aver fatto la grande scoperta. Scrive mons. Semeraro: “Dove è occultata la giustizia e l’uomo è conculcato dalla violenza, dall’odio e dalla ‘banalità del male’, sorge sempre la domanda: dov’è il tuo Dio? Ogni volta, però, che un credente sente questa domanda, avverte che nel suo animo sorge la professione di fede: Dio è lì, come il sole che c’è in un giorno di bufera benché occultato dalle nubi. ‘Anche se vado per una valle tenebrosa, tu sei lì’ (Sal 23,4). La dottrina dei segni dei tempi vuole dirci che Dio parla nella storia e vi è presente anche quando è in silenzio”.