martedì 5 febbraio 2019

La vittoria di Papa Francesco negli Emirati Arabi

Appena terminato, il viaggio apostolico negli Emirati Arabi Uniti deve essere ricordato come il più grande successo del pontificato bergogliano. Lo si è visto nei due eventi che hanno scandito la permanenza del papa argentino in terra araba (prima assoluta nella storia).
L'incontro interreligioso di ieri al Founder's Memorial di Abu Dhabi è stato un elogio del plularismo religioso, con Francesco che ha incardinato il suo intervento sulla pari dignità di tutti gli uomini perché creati da Dio. Ancora una volta, dopo la lettera Humana Communitas di recente pubblicazione, il problema della convivenza umana in questo XXI secolo travagliato, forse soprattutto a causa delle differenze religiose e dello “scontro di civiltà”, è stato riletto a partire da questo fattore, che è chiamato a gettare luce su tutto il resto. La linea bergogliana è apparsa nitida. Se la Chiesa cattolica sta diventando pienamente consapevole di essere la paladina e la promotrice del rispetto delle religioni, senza esitazioni di sorta e senza rimpianti, lo fa per ricordare all'uomo di questo secolo la sua fondamentale provenienza da Dio, l'unico Nome nel quale ciascuno possa dirsi e farsi fratello del prossimo. L'intuizione di Francesco è che il dialogo interreligioso, laddove sia possibile, va impostato antropologicamente e non come un confronto teologico, di tipo qualitativo, sull'indentità di Dio. La Chiesa ha capito che conviene fermarsi alla primissima verità della Rivelazione, di cui essa è custode e interprete. Ecco perché ieri Bergoglio ha invitato i leaders religiosi alla preghiera, recuperando Giovanni Paolo II e chiarendo i dubbi espressi dal suo predecessore Benedetto XVI. Pregare il Padre comune di tutti gli uomini è il compito più alto, si potrebbe dire, del dialogo interreligioso capeggiato dal Successore di Pietro. Non significa che l'idea di fondo sia quella di una compresenza di religioni, le une accanto alle altre e le une equivalenti alle altre, con la Chiesa chiamata a fare una specie di direttore d'orchestra. No. C'è il secondo momento, la grandiosa Messa pubblica di questa mattina nello stadio di Abu Dhabi, la prima in un paese nel quale sono vietate le croci e dove i pochi edifici di culto destinati ai cristiani vengono mimetizzati per non dare nell'occhio. La croce di Cristo è apparsa, alta, slanciata, ma semplicissima, dietro l'altare papale, visibile da tutti, mentre Francesco recuperava lo stile di testimonianza insegnato ottocento anni fa dal Poverello d'Assisi. Povertà e umiltà: le due Beatitudini, ben lungi dall'essere rassegnazione, sono al contrario la porta d'accesso di Cristo nel mondo e nel cuore degli uomini. Ed ecco l'ecclesiologia forgiata da Bergoglio: quella di una Chiesa che mette radici nel deserto, albero che assorbe aria inquinata per restituire ossigeno, una “Chiesa oasi” che annuncia la sua fede per  attrazione verso tutti i popoli. Al termine della bellissima celebrazione, Papa Bergoglio non ha nascosto la sua gioia. È stato il vertice pratico, e non solo dottrinale, del suo pontificato: un verde sprazzo è fiorito in terra araba: è la pace di Cristo.