sabato 5 gennaio 2019

L’organo a canne non smette di sorprendere. Tra segnali di speranza e polemiche nostrane.

Note di pace e di speranza nei luoghi più caldi del Medioriente. Là dove piovono bombe e si consumano attentati sanguinosi contro popolazioni inermi e comunità cristiane ridotte ai minimi termini, c’è tempo e spazio per un miracolo. Perché la musica d’organo non ha smesso di risuonare nelle Chiese della Custodia di Terrasanta, sparse in Siria, Giordania, Israele, Palestina, Cipro, Grecia e Libano. Sembra incredibile, ma è una precisa missione dei Francescani quella di promuovere un festival itinerante nella martoriate terre del medioriente, intitolato Terra Sancta Organ Festival. L’iniziativa è partita nel 2014 ed è giunta ormai al suo quinto anno. Un risultato importante che è stato accompagnato, pochi giorni fa, dalla pubblicazione di un CD che raccoglie alcune delle più belle esecuzioni firmate da organisti di fama internazionale. L’organo, diceva Benedetto XVI, è “uno strumento di evangelizzazione”. L’affermazione si è rivelata più che mai esatta.
“In Medio Oriente – ha dichiarato padre Riccardo Celiani, responsabile del Festival – dove c’è un organo c’è una chiesa e dove c’è una chiesa c’è una comunità cristiana. Per questo motivo la musica d’organo è percepita come un repertorio specifico di alta qualità che i cristiani possono offrire alla cultura dei vari Paesi”. Gli strumenti presenti nelle chiese della Custodia sono dei piccoli gioielli custoditi e ascoltati con gioia dai cristiani e, spesso, testimoni delle difficoltà di quei luoghi. Esistono degli organi “martiri” nel vero senso della parola. Come quello nella Chiesa di Santa Caterina a Betlemme, che si trova accanto alla Basilica della Natività. Nel 2002 la Basilica fu assediata per 39 giorni a causa degli scontri tra Israeliani e Palestinesi. Un incendio incenerì le canne di legno e fuse quelle di piombo. Le canne superstiti servirono per ricostruire lo strumento da parte di una ditta tedesca, che portò a termine i lavori nel 2003. Oggi quello di Betlemme è uno degli organi più grandi della Terra Santa, con i suoi 53 registri e due manuali, che simulano anche le zampogne dei pastori e il canto degli angeli. In casa nostra, duole non poco vedere spesso avvilito un patrimonio di musiche e strumenti storici per le cause più diverse, incluse le aspettative al ribasso di un certo “canzonettismo liturgico". Il declino e le effimere riprese dell’organo a canne sono oggetto di polemiche e discussioni accanite. Eclatante quella che coinvolse esattamente un anno fa l’organo della Basilica di San Pietro, sostituito da uno strumento elettronico di fabbricazione statunitense (Allen Organs). Alcuni hanno criticato fortemente la scelta (sono state raccolte 10 mila firme poi consegnate al cardinale Sarah) sostenendo che la messa a tacere dell’organo a canne della Basilica-simbolo della cristianità è un segnale di decadenza. Altri hanno accolto gli argomenti a favore, tra i quali una maggiore resa sonora nel gigantesco ambiente che non ha eguali al mondo. Il nuovo strumento, comunque, non inficia la qualità della musica destinata alle celebrazioni papali, eseguita sempre con accuratezza e competenza da imitare. Ma rimane a mio avviso il problema urgente di una rievangelizzazione del sacro che passa oggi anche attraverso il patrimonio musicale e, nella fattispecie, l’impareggiabile bellezza dell’organo a canne.