lunedì 12 marzo 2018

Ipsissima vox Iesu. I detti autentici di Gesù

L'ondata di studi sulla figura di Gesù, la cosiddetta Quest, ha dato senza dubbio un grande scossone alle modalità di lettura e interpretazione del Nuovo Testamento. Ormai si è arrivati a oltre due secoli di ricerca storica su Gesù di Nazareth, con diverse tappe segnate da approcci talvolta diametralmente opposti. Eppure, da quando Lessing cominciò a pubblicare, nel 1774, i  Frammenti di Hermann Reimarus, si è entrati in una nuova epoca, dalla quale è impossibile tornare indietro.
L'intento, in un primo periodo, fu dichiaratamente ideologico e antiecclesiale. Per la “teologia liberale” ottocentesca la fede della Chiesa non consentiva di appurare la storicità dei fatti, era come un velo che offuscava il vero volto di Gesù. Questa impostazione chiaramente si riallacciava a un momento storico ben definito di secolarizzazione della società e del pensiero europeo. Il sospetto contro la Chiesa investì i vangeli canonici, che furono vagliati alla luce di una serie di criteri scientifici, nei quali andavano a convergere vasti settori di ricerca, dall’archeologia alla linguistica. Il risultato fu una serie di Vite di Gesù che mettevano in luce la psicologia, l'umanità, l'idealismo di Cristo. Alcune molto belle, come quella di Renan, ma sempre viziate da una perdita di peso. Il Protagonista ne usciva innaturale, uno specchio delle idee di quegli stessi intellettuali che si cimentavano nell'impresa, per cui alla fine dei conti ne usciva un Gesù su misura dei maître à penser e delle mode del momento. Questo trend è arrivato fino a noi, se si pensa ai tentativi editoriali, alle “inchieste” laiche ma sempre sciancate delle quali sono piene le librerie. Certamente si devono riconoscere gli apporti positivi e la massa di informazioni che il cosiddetto metodo storico-critico, nel tempo, ha reso fruibili per tutti, cattolici inclusi. Oggi sappiamo tanto e meglio del contesto in cui visse Gesù e in cui furono scritti i vangeli. Ma il punto rimane sempre lo stesso. Joseph Ratzinger ha iniziato il suo libro, Gesù di Nazareth, proprio con  questa precisazione, che appartiene tanto allo specialista quanto al semplice credente. I dati che ci offrono le scienze storiche sono importanti, importantissimi, ma da soli non bastano. É sempre e solo con la fede della Chiesa che la vita e il messaggio autentici di Gesù possono brillare nella loro verità. Scindere, come si fa, il Cristo della storia dal Cristo della fede, è l'errore più tragico che si possa commettere. Ridurre il Nazareno alla sola storia è poi specularmente lo stesso che ridurlo alla sola fede, come è stato fatto in ambito protestante (esemplare il caso di Bultmann). Fede e storia si intrecciano. La cristologia cattolica parla oggi di un “circolo ermeneutico”: la fede si fonda sulla storia, la storia è illuminata a sua volta dalla fede. Un esempio? Uno dei più affascinanti filoni di studio è attualmente la ricerca dei loghia, i detti autentici di Gesù, nei quali risuonerebbe la sua “ipsissima vox”, la sua “stessissima voce”. Si ipotizza che i tre vangeli sinottici abbiano attinto a una raccolta di detti, la famosa fonte Q, una specie di “quinto vangelo” poi perduto. Alcuni pensano che ci siano tracce di questa fonte nell’apocrifo “vangelo di Tommaso”, un papiro in lingua copta che è stato scoperto negli anni '40 del Novecento nel sito archeologico di Nag Hammadi (Egitto), e che si presenta proprio come una raccolta di 114 detti messi uno dietro l’altro. Il vangelo di Tommaso è considerato un preziosissimo documento attestante la verità storica dei vangeli canonici, rispetto ai quali è coevo o forse ancora più antico. Molti loghia in esso contenuti, infatti, combaciano perfettamente, talvolta letteralmente, con quelli tramandati dalla Chiesa. A fianco ai detti già conosciuti ce ne sono altri d’ispirazione gnostica, ma la sorpresa più grande è data da quei detti riconosciuti dagli studiosi come autentici, seppur non inclusi nei vangeli canonici. Cito questo: “Gesù disse: 'Colui che è vicino a me, è vicino al fuoco. Colui che è lontano da me, è lontano dal Regno'”. Emoziona, di questo loghion, la perfetta aderenza con la predicazione del Regno che Gesù fece all'inizio del suo ministero pubblico (condensata in Mc 1,14: “Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando li vangelo di Dio e diceva: 'Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al vangelo”). Il Regno di Dio è vicino agli uomini nella persona di Gesù. In Lui l'annuncio e la presenza di Dio coincidono. L'autocoscienza divina del Nazareno, che sarebbe una costruzione successiva della Chiesa, stando ai demolitori tanto illuministi quanto moderni, trova invece la più secca smentita proprio grazie ai documenti storici. Gesù è il fuoco, essere vicini a lui significa essere vicini al Regno che viene, presenza viva e vera di Dio, tempo di grazia per la conversione. Tema, questo, molto bello e appassionante, sul quale sarà conveniente tornare con un altro post.