giovedì 19 marzo 2015

Intervista per "Giovani Pop" su "Cantate al Signore!"

Il magazine "Giovani Pop", nel numero di marzo 2015 appena uscito, mi ha intervistato a proposito del libro "Cantate al Signore!", che ho da poco presentato al Convegno nazionale dell'Associazione Italiana Santa Cecilia (Assisi, 9-12 marzo 2015), suscitando con mio grande piacere l'interesse del pubblico. Nell'articolo firmato da Alessio Marino, uno dei più grandi studiosi della musica beat-progressive italiana, affronto soprattutto il tema delle "Messe beat" e del putiferio di polemiche che si scatenarono a ridosso della prima storica esecuzione avvenuta a Roma il 27 aprile 1966. Di seguito uno stralcio dell'intervista in esclusiva per i lettori del mio blog.

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Da "Giovani Pop", numero 5, anno II, marzo 2015, pag. 21


Ciao Antonio e grazie per esserti concesso alla nostra rivista! Come forse saprai - dato che ci eravamo già sentiti mentre il libro era in gestazione - mi occupo di beat italiano e la nostra rivista Storie di Giovani Pop tratta proprio questo genere. Certo, il tuo libro tratta in prevalenza la musica sacra tradizionale ma c'è una parte dedicata alla Messa Beat italiana. Prima di parlare di questo vorrei che ci raccontassi come è partita l'idea di scrivere un libro su questo argomento e se nel tuo background c'erano già esperienze simili di ricerca sulla musica sacra.

«Innanzitutto vorrei ringraziarti per avermi dato la possibilità di studiare le riviste che conservi nel tuo mega-archivio relativo al beat italiano! Quello delle Messe beat è infatti un capitolo cruciale del mio libro sulla storia della musica sacra e in un certo senso è cominciato tutto da lì. (...)

"Cantate al Signore! Chiesa e musica dal gregoriano alla messa beat" ha già il buon pregio di far capire da subito l'argomento del libro. Ci farebbe piacere avere delucidazioni maggiori sul capitolo delle messe beat, argomento che ho presentato a più riprese nei miei lavori, dato che molti complessini in quel periodo (dal '65 fino ai primi anni 70) avevano avuto sporadiche o frequenti esibizioni durante la messa. Come ti sei mosso a livello di indagine in questo fenomeno?

«All'inizio mi sono avvicinato a questo argomento come un semplice curioso e appassionato di musica. Quando ho ascoltato per la prima volta l'lp della famosa Messa dei Giovani dei Barritas, composta da Marcello Giombini nel 1966 e andata in scena all'Oratorio San Filippo Neri di Roma il 27 aprile di quell'anno, beh sono rimasto tremendamente colpito! Quell'opera prima di Giombini all'epoca venne criticata duramente dal Vicariato di Roma e stroncata dai media, salvo qualche eccezione. Ci fu un frate domenicano, padre Sinaldo Sinaldi, che venne accusato di pensarla come i “capelloni” e per questo dovette fare una specie di pubblico mea culpa sul settimanale Gente. Nel libro ho ripercorso tutti questi fatti in maniera molto dettagliata, cercando di restituire il clima che si era creato intorno a quell'evento, un clima arroventato che divideva gli opinionisti in favorevoli e contrari, e si capisce perché. Quella musica era qualcosa di veramente rivoluzionario per il cattolico medio degli anni Sessanta, ancora oggi trasmette un'energia incredibile. Ma era anche una rottura con tutta la musica liturgica del passato (gregoriano, Palestrina, organo, ecc.). Adesso sarebbe lungo spiegarti come sia stato possibile che un genere di questo tipo sia potuto entrare nelle chiese e rimanerci per molti anni (ancora oggi fondamentalmente i giovani si accostano alla musica liturgica suonando Giombini e gli altri che sono venuti in seguito), ma una cosa te la voglio dire. Secondo me, al di là delle contrapposizioni frontali tra tradizionalisti e “filozazzeroni”, che sono poi il riflesso di un problema di fondo della Chiesa odierna, la Messa beat italiana è stato un momento unico e irripetibile, nel quale il cristianesimo è riuscito a farsi clamorosamente cultura di massa. Alla base c'era l'idea che Beatles e Vangelo potessero andare insieme, e la cosa ha funzionato, pur con tutte le inevitabili difficoltà di un processo simile, che non è mai indolore. Mi spiego. Quando la Chiesa apre le porte alle novità, c'è sempre il rischio che venga travolta e rimodellata, ma è vero anche il contrario. La cultura non è più la stessa quando il Vangelo la permea in maniera così profonda e inusuale»
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