“Arte sacra e architettura
religiosa. Quel che i seminaristi dovrebbero sapere” è il
titolo di un interessante articolo di Dunkan Stroik sull'Osservatore
Romano di oggi. L'architetto americano, che ha all'attivo la
progettazione di diversi edifici ecclesiastici ispirati a uno stile
senza dubbio vintage, quasi neobarocco, capace di recuperare
le linee della geometria classica e di fonderle con il punto di vista
contemporaneo, ha puntato il dito sulla scarsa sensibilità dei
parroci verso i tesori artistici della Chiesa cattolica.
“Ogni
pastore – scrive – è verosimilmente il curatore di una piccola
galleria d’arte oltre che il responsabile di una vera e propria
pianta bisognosa di costante manutenzione, riparazioni e migliorie.
Poi c’è qualche fortunato, o forse non tanto fortunato, che ha la
possibilità di costruire qualcosa di nuovo. Costruire una chiesa è
un’impresa grandiosa. Significa dover prendere migliaia di
decisioni, da quella di ingaggiare l’architetto giusto a quelle di
raccogliere milioni di dollari, valutare con occhio critico la statua
della Beata Vergine, decidere se il metallo della porta debba essere
di bronzo o di ottone lucido. E tutto ciò, in aggiunta a un lavoro a
tempo pieno come quello di dirigere una parrocchia”. Per
arginare il fenomeno che tocca da vicino l'Italia, dove
non sempre i luoghi di culto di rilevanza storica ricevono cura e
valorizzazione, e molto spesso le nuove costruzioni rasentano il
cattivo gusto (come le deprimenti chiese-tenda), ha proposto di
puntare sulla formazione dei seminaristi, visto e considerato che
l'esortazione della Sacrosanctum Concilium è
rimasta lettera morta o quasi. L'appello
giunge in concomitanza con il light restyling
della Cappella Sistina, ovvero il nuovo sistema di illuminazione a
led dell'ambiente affrescato da Michelangelo per iniziativa del
direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci. É indubbio che gli
sforzi messi in atto per far risaltare ancora di più la Sistina
dovrebbero essere di incoraggiamento per sollecitare iniziative
simili nelle chiese. Molto spesso autentici capolavori dell'arte
sacra giacciono nell'ombra, nell'umidità, nella polvere, sintomo di
un disinteresse sistematico per le bellezze del passato. Eppure la
Santa Sede, negli ultimi cinquant'anni, ha sempre insistito con forza
sul nesso tra arte e evangelizzazione. Paolo VI fu un Papa
profondamente attratto dall'arte contemporanea (una mostra allestita
in piazza San Pietro in questi giorni è lì a testimoniarlo).
Giovanni Paolo II, nell'imminenza del Giubileo del 2000, scrisse la
famosa Lettera agli artisti, nella quale citò Dostoevskij: “La
Bellezza salverà il mondo”. Con Benedetto XVI la Santa Sede ha
partecipato per la prima volta alla Biennale di Venezia (2013) grazie
all'attivismo del cardinale Ravasi. Il padiglione intitolato In
principio, ispirato ai primi undici capitoli della Genesi, ha
inteso stimolare una mutua fecondazione tra fede e arte
contemporanea. Eloquente al proposito l'opera di Lawrence Carroll,
eseguita con materiali di recupero, quale emblema di un possibile ed
auspicabile programma di “Ri-Creazione” fondato sul mito del
viaggio di Noè.