sabato 1 novembre 2014

L'architetto Dunkan Stroik sull'Osservatore Romano: “Promuovere l'arte nei seminari”

Arte sacra e architettura religiosa. Quel che i seminaristi dovrebbero sapere” è il titolo di un interessante articolo di Dunkan Stroik sull'Osservatore Romano di oggi. L'architetto americano, che ha all'attivo la progettazione di diversi edifici ecclesiastici ispirati a uno stile senza dubbio vintage, quasi neobarocco, capace di recuperare le linee della geometria classica e di fonderle con il punto di vista contemporaneo, ha puntato il dito sulla scarsa sensibilità dei parroci verso i tesori artistici della Chiesa cattolica.
Ogni pastore – scrive – è verosimilmente il curatore di una piccola galleria d’arte oltre che il responsabile di una vera e propria pianta bisognosa di costante manutenzione, riparazioni e migliorie. Poi c’è qualche fortunato, o forse non tanto fortunato, che ha la possibilità di costruire qualcosa di nuovo. Costruire una chiesa è un’impresa grandiosa. Significa dover prendere migliaia di decisioni, da quella di ingaggiare l’architetto giusto a quelle di raccogliere milioni di dollari, valutare con occhio critico la statua della Beata Vergine, decidere se il metallo della porta debba essere di bronzo o di ottone lucido. E tutto ciò, in aggiunta a un lavoro a tempo pieno come quello di dirigere una parrocchia”. Per arginare il fenomeno che tocca da vicino l'Italia, dove non sempre i luoghi di culto di rilevanza storica ricevono cura e valorizzazione, e molto spesso le nuove costruzioni rasentano il cattivo gusto (come le deprimenti chiese-tenda), ha proposto di puntare sulla formazione dei seminaristi, visto e considerato che l'esortazione della Sacrosanctum Concilium è rimasta lettera morta o quasi. L'appello giunge in concomitanza con il light restyling della Cappella Sistina, ovvero il nuovo sistema di illuminazione a led dell'ambiente affrescato da Michelangelo per iniziativa del direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci. É indubbio che gli sforzi messi in atto per far risaltare ancora di più la Sistina dovrebbero essere di incoraggiamento per sollecitare iniziative simili nelle chiese. Molto spesso autentici capolavori dell'arte sacra giacciono nell'ombra, nell'umidità, nella polvere, sintomo di un disinteresse sistematico per le bellezze del passato. Eppure la Santa Sede, negli ultimi cinquant'anni, ha sempre insistito con forza sul nesso tra arte e evangelizzazione. Paolo VI fu un Papa profondamente attratto dall'arte contemporanea (una mostra allestita in piazza San Pietro in questi giorni è lì a testimoniarlo). Giovanni Paolo II, nell'imminenza del Giubileo del 2000, scrisse la famosa Lettera agli artisti, nella quale citò Dostoevskij: “La Bellezza salverà il mondo”. Con Benedetto XVI la Santa Sede ha partecipato per la prima volta alla Biennale di Venezia (2013) grazie all'attivismo del cardinale Ravasi. Il padiglione intitolato In principio, ispirato ai primi undici capitoli della Genesi, ha inteso stimolare una mutua fecondazione tra fede e arte contemporanea. Eloquente al proposito l'opera di Lawrence Carroll, eseguita con materiali di recupero, quale emblema di un possibile ed auspicabile programma di “Ri-Creazione” fondato sul mito del viaggio di Noè.