Com'era prevedibile il discorso di
Francesco alla Pontificia Accademia delle Scienze ha innescato il
risentimento di Piergiorgio
Odifreddi. Nel suo blog il matematico ha accusato il Papa di
aver riciclato un vecchio trucco di Giovanni Paolo II e di Pio XII,
ovvero conciliare Dio e la scienza moderna, far credere che la teoria
del big bang si possa sposare con la dottrina della creazione e che Darwin non
sia così pericoloso per la teologia cattolica. Il trucco sarebbe
questo: “Fingere – scrive Odifreddi – di accettare le
spiegazioni scientifiche sul 'come', ma rivendicando un monopolio
teologico sul 'perché”.
In definitiva, i meccanismi che hanno acceso la scintilla dell'universo e quelli che hanno portato alla comparsa dell'uomo, non sarebbero così rivoluzionari per la Chiesa, visto e considerato, postula Odifreddi, che la teologia cattolica ha mantenuto il “monopolio” sulla risposta al quesito fondamentale: perché. Ma non è un trucco, è la semplice verità: la teoria dell'evoluzione, lasciata a se stessa, è semplicemente improponibile. Ha bisogno di una molla, una guida (che per il credente ha un nome: Dio). Esiste oggi tutto un movimento scientifico e teologico che converge sul concetto di "principio antropico", proprio per turare le falle del darwinismo duro e considerare l'evoluzione da una prospettiva nuova. Gli studi al riguardo sono molto sviluppati e fecondi. Ma è ovvio che Odifreddi deve fare Odifreddi. Ostenta le penne del pavone, cita Bergson e dice che i papi non capiscono niente di fisica e di biologia (ma sembra che sia proprio lui a non aver capito fino in fondo la teologia cattolica). Sotto sotto c'è la segreta paura che scienza e fede possano andare a braccetto, pur nella distinzione dei rispettivi domini. Dopotutto ce l'ha ricordato anche Benedetto XVI in tutto il suo pontificato. Quando fede e ragione si isolano e non dialogano più, prima o poi diventano dei pericolosi ismi.
In definitiva, i meccanismi che hanno acceso la scintilla dell'universo e quelli che hanno portato alla comparsa dell'uomo, non sarebbero così rivoluzionari per la Chiesa, visto e considerato, postula Odifreddi, che la teologia cattolica ha mantenuto il “monopolio” sulla risposta al quesito fondamentale: perché. Ma non è un trucco, è la semplice verità: la teoria dell'evoluzione, lasciata a se stessa, è semplicemente improponibile. Ha bisogno di una molla, una guida (che per il credente ha un nome: Dio). Esiste oggi tutto un movimento scientifico e teologico che converge sul concetto di "principio antropico", proprio per turare le falle del darwinismo duro e considerare l'evoluzione da una prospettiva nuova. Gli studi al riguardo sono molto sviluppati e fecondi. Ma è ovvio che Odifreddi deve fare Odifreddi. Ostenta le penne del pavone, cita Bergson e dice che i papi non capiscono niente di fisica e di biologia (ma sembra che sia proprio lui a non aver capito fino in fondo la teologia cattolica). Sotto sotto c'è la segreta paura che scienza e fede possano andare a braccetto, pur nella distinzione dei rispettivi domini. Dopotutto ce l'ha ricordato anche Benedetto XVI in tutto il suo pontificato. Quando fede e ragione si isolano e non dialogano più, prima o poi diventano dei pericolosi ismi.