L'Associazione Italiana Santa Cecilia ha appena concluso la
sua tre giorni di formazione liturgico-musicale sul tema “Cantare la speranza
cristiana. Repertori per le celebrazioni rituali”. La no-stop di
incontri, studi e conferenze, si è svolta alla Domus Pacis di Assisi, un
albergo situato a pochi metri dalla Papale Basilica di S.Maria degli Angeli,
dal 9 al 12 marzo. Centosessanta i partecipanti (tra i quali i maestri di
cappella delle più prestigiose cattedrali italiane, sacerdoti, musicisti, religiosi
e scholae cantorum), sette i relatori invitati a prendere la parola
(c'ero anch'io per presentare il libro Cantate al Signore!).
Ad aprire i
lavori il Presidente mons. Tarcisio Cola con una lunga e articolata
riflessione. “Il canto
della speranza – ha detto mons. Cola – sgorga dal cuore che crede e dalla forza
della fede vissuta. L’uomo senza speranza non canta. Il canto della fede che
spera è espressione viva di entusiasmo interiore che incendia il cuore e dà
voce alla profezia e alla lode, al rendimento di grazie e allo stupore, alla
gioia e alla contemplazione, alla supplica e al pentimento. E’ l’esperienza
dell’uomo biblico: dal canto di gioia di Adamo, all’Amen dei redenti
nell’Apocalisse; dall’appassionata difesa di Dio da parte di Mosè e dei
profeti, al Magnificat di Maria e all’ebbrezza della Chiesa a
Pentecoste. Si tratta di un canto ora di chi si trova direttamente coinvolto
nell’azione di Dio, ora di chi desidera farne memoria viva. Questo canto non è
finalizzato a creare una qualche atmosfera esteriore, ma è inno che, mentre
celebra nell’entusiasmo della fede le meraviglie di Dio, allo stesso tempo le
fa conoscere agli altri uomini come speranza realizzata”. Dopo di lui,
nei giorni successivi, si sono avvicendati al microfono Nicola Bux, professore
alla Facoltà Teologica Pugliese e Consultore delle Congregazioni per il Culto
Divino, padre Raniero Cantalamessa,
predicatore della Casa Pontificia, don Valentino Donella, il più grande
studioso italiano di musicologia liturgica e direttore del “Bollettino
Ceciliano”, nonché maestro di cappella a Bergamo. Ma l'intervento più “esplosivo”
è toccato al francescano padre Emidio Papinutti, ex organista in San Pietro sotto
i pontificati di Paolo VI e Giovanni Paolo II, per anni segretario generale
dell'AISC. Papinutti, con humor delizioso, ha raccontato le battaglie combattute
dai ceciliani da cinquant'anni a questa parte per arginare le applicazioni
estreme del Vaticano II. “Un concilio – ha ricordato – che pur aprendo al
rinnovamento, ha raccomandato di mantenere in massimo onore l'organo a canne e
dichiarato il gregoriano 'canto proprio della Chiesa'. Eppure per mezzo secolo
si è fatto finta di niente, le chitarre hanno preso il sopravvento e noi che
abbiamo il coraggio di denunciare la situazione, siamo accusati di essere
retrogradi... Una volta ci chiamarono addirittura fascisti!”. Il francescano
organista ha raccontato anche una serie di aneddoti inediti su Paolo VI (che
salvò dal crack finanziario l'Associazione) e sul primo Presidente eletto
mons.Antonio Mistrorigo. Il simposio è stato scandito da intense celebrazioni
eucaristiche. Una messa è stata officiata in latino con canti gregoriani e
versetti polifonici dal cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del
Sinodo dei Vescovi, nella Basilica di S. Maria degli Angeli. Due Messe sono
state celebrate in italiano, rispettivamente da mons. Domenico Sorrentino,
vescovo di Assisi, sempre presso S. Maria degli Angeli, e dal cardinale
Gualtiero Bassetti presso la Basilica inferiore di S. Francesco ad Assisi.
Nella sua omelia il cardinale Bassetti ha ricordato “il culto dovuto al Signore che, al di là degli aspetti
esteriori, deve saper coinvolgere corpo e anima di ogni fedele, soprattutto in
quei momenti tristi della vita, quando il dolore e la prova prendono il
sopravvento”. E quindi ha aggiunto: “Una più attenta riflessione sulla Parola
di Dio e sul significato profondo della vittoria di Cristo sulla morte, ha
posto la liturgia cattolica di fronte alla necessità di sottolineare, anche nel
commento musicale, il valore della speranza cristiana, radicata in quella
roccia del Calvario, che tremò dinanzi all’avvenimento centrale di tutta la
nostra fede: la resurrezione di Gesù, il suo ritorno alla vita, a quella vita
piena e realizzante che il Signore ha promesso a ciascuno di noi. La Sacrosanctum Concilium al n. 10 ci
ricorda che ogni celebrazione liturgica è il culmine e la fonte dell’agire
della Chiesa, al punto che nessun’altra sua azione ne eguaglia l’efficacia.
Gesti, parole, canto e musica possono e devono essere eloquenti per tutti,
nella misura in cui sono compiuti in spirito e verità. Ai carissimi amici
musicisti, compositori, in particolare, il delicato compito di proporre musiche
degne del rito e che privilegino la Scrittura, in modo che in esse riecheggi la
vivezza del linguaggio biblico e la spiritualità di quello liturgico. Bisogna
pregare Dio non solo con formule teologicamente esatte, ma anche in modo bello
e dignitoso. Sì, è necessario, come diceva San Giovanni Paolo II, scoprire e
vivere costantemente la bellezza della preghiera e della liturgia. È questo l’augurio
che formulo agli aderenti all’Associazione Italiana Santa Cecilia, che si
sforzano di coniugare il messaggio biblico scritturale con quello liturgico. I
segni e i suoni della liturgia devono trovare nella Parola di Dio la forza per
spiegare le realtà della nostra fede e accrescere in noi lo spirito di orazione
e di fiducia nel Signore”. Il Blog di Antonio Marguccio. Per difendere la Santa Chiesa Cattolica e il Papa