“Appena ho preso in mano l’ampollina,
mi sono subito reso conto che stava avvenendo la liquefazione”. Mons. Vincenzo
De Gregorio è Abate prelato della Cappella del Tesoro di San Gennaro, ovvero l’unica
persona incaricata, per conto dell’Arcivescovo di Napoli, di prelevare dalla
cassaforte la preziosa reliquia, che in via del tutto straordinaria è stata
mostrata al Papa domenica scorsa durante la visita al Duomo partenopeo.
La notizia dello scioglimento, seppur a metà, ha fatto il giro del mondo. In
via esclusiva sono riuscito a raccogliere da mons. De Gregorio la descrizione
dell’evento che ha vissuto in prima persona.
“Mezz’ora prima che il Papa
arrivasse in Duomo, verso le 14, 30 – rivela –, abbiamo esposto il reliquiario
e, quando l’ho preso in mano, ho avvertito subito i segnali dell’inizio della
liquefazione. La massa, che in genere è compatta come un pezzo di cera rossa,
scivolava leggermente verso le pareti interne dell’ampolla. Dopo quindici anni
di esperienza, ormai so riconoscere al volo i segni dello scioglimento. Quando
il reliquiario è stato dato a Papa Francesco per la benedizione, il sangue era
per metà liquido, come ha detto pubblicamente il cardinale Sepe. Subito dopo è
stato rimesso in cassaforte in quello stato”. L’Abate prelato, sacerdote
diocesano di Napoli, nonché Preside del PIMS di Roma, non commenta il “demi-miracle”, come lo ha definito la
stampa, accolto comunque in maniera entusiastica dal popolo di Napoli. Ci tiene
però a precisare che, in effetti, il “fenomeno” si è verificato per la prima
volta in occasione della visita di un pontefice. “Nel Novecento, con i due Papi
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – spiega –, la liquefazione non c’è stata. Nell’Ottocento
Pio IX visitò due volte il Tesoro di San Gennaro. La prima il 6 settembre 1849,
quando osservò la reliquia dal vetro della cassaforte, senza che il contenuto si
disciogliesse. La seconda volta, il 20 settembre, celebrò la messa in cappella
durante l’Ottavario e poté venerare il sangue, ancora liquido, che si era sciolto
il giorno prima, festa del Patrono”.
Antonio Marguccio