Rispuntano pure i soliti libri “bomba”. Sopra questo cumulo di interessi mondani piccoli e grandi, si staglia tragicamente il contrasto con la figura evangelica di Francesco, il papa eletto “dalla fine del mondo” proprio per volare alto e ridare ossigeno a un papato che era apparso assediato dalle beghe temporaliste. In questo arco di tempo si poteva pensare che effettivamente le cose stessero cambiando, mentre i fatti di ieri ci riportano, apparentemente, allo stessa identico clima di Vatileaks. Il messaggio subdolo che si vuole trasmettere con questa vicenda (che appare logica conseguenza delle recenti montature giornalistiche sulla malattia del papa e prima ancora della lettera dei 13 cardinali) è che in Vaticano ci sia ancora il caos e che a farla da padrona sia la gattopardiana immobilità. Fare finta che Francesco sia l’ennesimo Papa invischiato nella palude per distogliere lo sguardo dal suo messaggio autentico e dal suo ruolo. Ma stavolta i corvi hanno le ali piccole. Rispetto alla prima Vatileaks, ci sono almeno due grandi differenze. Per prima cosa, la fuga di notizie non riguarda carte personali che si trovavano nell'appartamento privato del Papa, ma documenti che erano a disposizione degli stessi accusati. La portata deflagrante di queste soffiate è molto minore. Inoltre, Francesco ha una capacità di iniziativa sul piano della comunicazione esterna, riflesso di una corroborata leadership morale emersa chiaramente nel corso del suo viaggio negli Stati Uniti e durante il Sinodo. È lui che detta l’agenda. Il tentativo di gettare fango sulla sua talare bianca dovrà fare i conti con questo elemento tutt’altro che secondario.
Il Blog di Antonio Marguccio. Per difendere la Santa Chiesa Cattolica e il Papa
martedì 3 novembre 2015
La finta Vatileaks. Stavolta i corvi hanno le ali piccole
A due anni e mezzo dalla vicenda di Paolo Gabriele, in Vaticano tornano arresti e fibrillazioni. I nuovi "corvi", arrestati ieri dalla gendarmeria vaticana con l’accusa di furto e divulgazione di “documenti riservati”, stavolta sono due personaggi noti, il sacerdote spagnolo Lucio Ángel Vallejo Balda, dell’Opus Dei, e l’esperta in comunicazione Francesca Chaouqui, quest’ultima già finita sui giornali per i suoi tweett al vetriolo contro Tremonti e il cardinale Bertone. Due membri della commissione di riforma delle strutture economico-amministrative del Vaticano, la “Cosea”, creata da papa Francesco pochi mesi dopo la sua elezione. E questo colpisce, ma non più di tanto. Come nella tormentata vicenda degli ultimi mesi del pontificato di Benedetto XVI, anche stavolta emerge una palude di interessi e di giochi di potere per niente chiari, delle vere e proprie “sabbie mobili” in mezzo alle quali c’è l’impressione che posa accadere di tutto.
Rispuntano pure i soliti libri “bomba”. Sopra questo cumulo di interessi mondani piccoli e grandi, si staglia tragicamente il contrasto con la figura evangelica di Francesco, il papa eletto “dalla fine del mondo” proprio per volare alto e ridare ossigeno a un papato che era apparso assediato dalle beghe temporaliste. In questo arco di tempo si poteva pensare che effettivamente le cose stessero cambiando, mentre i fatti di ieri ci riportano, apparentemente, allo stessa identico clima di Vatileaks. Il messaggio subdolo che si vuole trasmettere con questa vicenda (che appare logica conseguenza delle recenti montature giornalistiche sulla malattia del papa e prima ancora della lettera dei 13 cardinali) è che in Vaticano ci sia ancora il caos e che a farla da padrona sia la gattopardiana immobilità. Fare finta che Francesco sia l’ennesimo Papa invischiato nella palude per distogliere lo sguardo dal suo messaggio autentico e dal suo ruolo. Ma stavolta i corvi hanno le ali piccole. Rispetto alla prima Vatileaks, ci sono almeno due grandi differenze. Per prima cosa, la fuga di notizie non riguarda carte personali che si trovavano nell'appartamento privato del Papa, ma documenti che erano a disposizione degli stessi accusati. La portata deflagrante di queste soffiate è molto minore. Inoltre, Francesco ha una capacità di iniziativa sul piano della comunicazione esterna, riflesso di una corroborata leadership morale emersa chiaramente nel corso del suo viaggio negli Stati Uniti e durante il Sinodo. È lui che detta l’agenda. Il tentativo di gettare fango sulla sua talare bianca dovrà fare i conti con questo elemento tutt’altro che secondario.
Rispuntano pure i soliti libri “bomba”. Sopra questo cumulo di interessi mondani piccoli e grandi, si staglia tragicamente il contrasto con la figura evangelica di Francesco, il papa eletto “dalla fine del mondo” proprio per volare alto e ridare ossigeno a un papato che era apparso assediato dalle beghe temporaliste. In questo arco di tempo si poteva pensare che effettivamente le cose stessero cambiando, mentre i fatti di ieri ci riportano, apparentemente, allo stessa identico clima di Vatileaks. Il messaggio subdolo che si vuole trasmettere con questa vicenda (che appare logica conseguenza delle recenti montature giornalistiche sulla malattia del papa e prima ancora della lettera dei 13 cardinali) è che in Vaticano ci sia ancora il caos e che a farla da padrona sia la gattopardiana immobilità. Fare finta che Francesco sia l’ennesimo Papa invischiato nella palude per distogliere lo sguardo dal suo messaggio autentico e dal suo ruolo. Ma stavolta i corvi hanno le ali piccole. Rispetto alla prima Vatileaks, ci sono almeno due grandi differenze. Per prima cosa, la fuga di notizie non riguarda carte personali che si trovavano nell'appartamento privato del Papa, ma documenti che erano a disposizione degli stessi accusati. La portata deflagrante di queste soffiate è molto minore. Inoltre, Francesco ha una capacità di iniziativa sul piano della comunicazione esterna, riflesso di una corroborata leadership morale emersa chiaramente nel corso del suo viaggio negli Stati Uniti e durante il Sinodo. È lui che detta l’agenda. Il tentativo di gettare fango sulla sua talare bianca dovrà fare i conti con questo elemento tutt’altro che secondario.