E pensare che sull’architrave della cappella del Salvatore campeggia a chiare lettere la scritta in latino “Non est in toto sanctior orbe locus”, “Non esiste al mondo luogo più santo di questo”. Eppure da circa un anno la Scala Santa a Roma è coperta da un mega cartellone pubblicitario, sistemato nella parte alta dei ponteggi per il restauro della facciata. Uno scempio. Almeno per quanto mi riguarda, la considero una situazione indecorosa, sorprendentemente lasciata passare sotto silenzio. In verità ho fatto una mini ricerca su internet e ho trovato delle lamentele, alcune finite anche su una nota rivista cattolica. Ma sono due righe. Ho deciso di parlarne sul mio blog perché è l’unico modo che conosco per evidenziare questo problema.
Mi si dirà che sto facendo il pignolo, il moralista, il “piagnone” come si dice a Roma, perché il cartellone pubblicitario serve per finanziare i lavori. Rispondo che non tutti i mezzi sono buoni per un fine buono. Il sacro non è un gioco, alla Emile Durkheim, per cui possiamo decidere di dare titoli di soprannaturalità a cose e poi dimenticarcene, soltanto perché la loro funzione sociale non è più considerata necessaria. Il sacro spogliato del suo alone di mistero è il dramma della nostra epoca. Il grande disincanto annunciato da Max Weber un secolo fa non è altro che questo. Ora ci siamo dentro fino al collo e non ce ne accorgiamo più. Ora che siamo completamente invasi da merci inutili e pubblicità, al punto da diventare noi stessi (oltre che i nostri edifici di culto) tappezzeria per loghi, marchi, griffe. E qui siamo a due metri dalla Basilica di San Giovanni, la madre di tutte le chiese, la cattedrale di Roma. In un libro molto interessante di teologia pastorale ho letto, qualche mese fa, un appello molto giusto a “rievangelizzare il sacro”, visto un contesto nel quale il senso del “totalmente altro”, come diceva Rudolf Otto, è del tutto svanito. Allora ripeto e grido: installare una gigantografia pubblicitaria, qualunque essa sia, sulla facciata di un tempio così significativo per l’umanità (non solo per la fede), e ancora oggi meta di pellegrini che sono soliti salire in ginocchio gli scalini percorsi dallo stesso Cristo, è l’esatto opposto, è la desacralizzazione del sacro. Mi consola solo il fatto che la statua di San Francesco in piazza San Giovanni è ancora lì a ricordare quanto il sogno di Innocenzo III sia attuale, quanto il pilastro della povertà debba riformare le nostre coscienze.