A partire da oggi ci faremo tutti gli auguri di “Buon Natale”, ma perché? Chi stiamo ricordando di così importante? La società ci spinge a consumare a più non posso, ad acquistare gingilli e abiti nuovi, a sorridere e a festeggiare. Eppure, visto in quest’ottica, il Natale può apparire una festa così vuota, anzi deprimente. Sono sempre di più le persone che in questi giorni diventano tristi e inquiete. Vorrebbero fare a meno delle lampadine accese, dei fiocchi rossi e dei buonismi a getto continuo. Perché festeggiare “per forza”? Che senso ha tutto questo? Hanno ragione. Un Natale così è un’avvilente messa in scena. Questo perché oggi non riusciamo più a percepire il vero senso di questa festa e siamo disorientati, ammutoliti davanti alle contraddizioni della vita.
Natale non è soltanto il mistero di un Bambino nato povero, come un "profugo", circa 2 mila anni fa in una remota cittadina del Medio Oriente, Betlemme. Ancora oggi ne nascono tanti di bambini poveri, e ne muoiono purtroppo tantissimi in circostanze tragiche, denutriti, violentati, sfruttati, affogati in cerca d'aiuto, abbandonati o uccisi nel ventre stesso che dovrebbe fare loro da riparo. È giusto piangere e darsi da fare per loro, ma il Natale non è solo questo. Nel Bambino che ricordiamo, non c’è solo la sofferenza della condizione umana, che annaspa nel cosmo in cerca di una redenzione. In quel Bimbo c’è il volto definitivo di Dio, l’Amore che si svela alla nostra vita, la Luce che risplende nei deserti di tenebra, la Verità che dà un senso ultimo e definitivo. È mai possibile questo? Diceva Feuerbach, il filosofo ateo dell'Ottocento, che Dio non esiste, è soltanto la proiezione mentale dell’uomo frustrato e disilluso dalla vita, una maniglia a cui aggrapparsi per non cadere nella disperazione. Questo può essere vero, forse, per alcune religioni, soprattutto quelle fai-da-te che oggi vanno così di moda. Ma per noi cristiani è diverso. Noi non crediamo in un Dio sfolgorante di bellezza e di potenza, o in un "nirvana" a cui tendere con esercizio e concentrazione, ma in un Dio che ha preso per primo l'iniziativa, si è fatto povero e umile, fragile come un bambino appena nato, per essere un giorno rigato dal sangue e brutalmente ucciso su una croce di legno. Un Dio che salva non dalla sofferenza, ma per mezzo di essa. Un Dio che annulla le distanze tra il Cielo e la terra, non proiettando il nostro ego in un mondo fantastico e irreale, ma abbassandosi e ridimensionandosi a misura d’uomo, per svelarci il nostro essere più profondo, fatto a immagine Sua. L’evangelista Giovanni usa l’ossimoro più inaudito e rivoluzionario di sempre, il paradosso, lo scoglio davanti al quale la fede sempre sarà "scandalo" e testimonianza per il mondo: “Il Logos carne divenne” (Gv 1,14): il Logos, Il Verbo eterno, la Sapienza divina; la carne (sarx), la fragilità, la finitezza, la nostra piccola, povera umanità. Nel Bambino di Betlemme contempliamo questa grande e immensa novità che ha cambiato per sempre la storia: un Dio dal cuore umano che è sceso sulla terra per redimerla, darci la pace e la vita vera. Quel Bimbo è il Salvatore nostro, Cristo Gesù! Ecco la vera gioia del Natale, ecco il vero motivo per cui essere lieti e pieni di speranza. Tanti auguri di buon Natale a voi tutti!