lunedì 19 gennaio 2015

Se Scalfari non capisce più Francesco. La pax mediatica attorno al pontificato scricchiola. Esplode il caso dei distinguo vaticani su Charlie Hebdo

Cristo ha detto, secondo i Vangeli, di porgere l'altra guancia a chi ti insulta. Francesco invece lo minaccia con un pugno”. È questo uno dei passaggi più controversi e forti dell’editoriale di Eugenio Scalfari uscito su Repubblica domenica scorsa, intitolato “Il pungo di Francesco e la lezione di Voltaire”. Il fondatore del quotidiano “progressive” emblema di una grandissima fetta di cultura laicista italiana si è chiesto, quasi scandalizzato, che cosa sia rimasto del Francesco intervistato più e più volte dopo le dichiarazioni di Francesco stesso durante il volo diretto a Manila il 15 gennaio. A domanda di un giornalista francese su come coniugare libertà di pensiero e rispetto del credo religioso, Francesco aveva infatti risposto con una battuta molto chiara.
Abbiamo l’obbligo – ha sostenuto il Papa – di dire apertamente, avere questa libertà, ma senza offendere. Perché è vero che non si può reagire violentemente, ma se il dott. Gasbarri, grande amico, mi dice una parolaccia contro la mia mamma, gli arriva un pugno! E’ normale! E’ normale. Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede”. Il linguaggio è quello immediato, gesticolato, colorito, spiazzante, del Papa Gesuita, che ormai abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare. I contenuti, almeno per certa sbiadita cultura relativistica, sono quelli inaccettabili del Magistero romano nudo e crudo di sempre, ribadito e citato da Bergoglio. E così il Francesco delle interviste “aperturiste” (o meglio delle conversazioni sbobinate liberamente dal fondatore di Repubblica, come le si definiscono Oltretevere con diplomatico gusto per i dettagli che contano) è diventato di colpo un Papa scomodo e, sostiene Scalfari, addirittura inconsapevole dell’insegnamento di Cristo. Questa follia ci tocca leggere. Scalfari ammette che la violenza, o meglio il “bastone”, qualcosa come una santa indignazione, sia ammissibile se il problema è quello dei preti pedofili, ma mai e poi mai se in questione è la laicità di Voltaire, ovverosia il diritto a irridere, sbeffeggiare, caricaturizzare il credo religioso e quanto di più sacro ci sia, Dio, il tutto in nome di una libertà (che pure è concetto ed eredità cristiana, non dimentichiamolo!) eretta ad ideologia illuminista postcristiana. La questione è, se vogliamo, di una banalità sconcertante. Il Papa ovviamente non ha “assolto” il terrorismo islamico, non ha inneggiato alla “legittima violenza” come si è letto in alcuni assurdi editoriali. Ma ha soltanto ripreso una linea vaticana molto chiara e netta, tipica degli insegnamenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI (che per affermazioni simili fu castigato senza pietà dalla stampa liberal), invitando a riflettere su una caduta di stile della libertà occidentale e su un secolarismo che è percepito dalle altre culture mondiali come estremamente aggressivo. Il problema è che da noi le vignette di Charlie Hebdo fanno ridere (e negli archivi del giornale parigino ce ne sono veramente di tutti i gusti, anche e soprattutto contro la Chiesa), mentre per qualsiasi altro cittadino di questo mondo sono un insulto. Forse, quello che impensierisce maggiormente Scalfari è la citazione, fatta sempre da Bergoglio sul volo papale, di un pensiero di Ratzinger. “Papa Benedetto, ha dichiarato Francesco –, in un discorso, non ricordo bene dove, aveva parlato di questa mentalità post-positivista, della metafisica post-positivista, che portava alla fine a credere che le religioni o le espressioni religiose sono una sorta di sottocultura, che sono tollerate, ma sono poca cosa, non fanno parte della cultura illuminata. E questa è un’eredità dell’illuminismo. Tanta gente che sparla delle religioni, le prende in giro, diciamo ‘giocattolizza’ la religione degli altri, questi provocano, e può accadere quello che accade se il dott. Gasbarri dice qualcosa contro la mia mamma. C’è un limite. Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana. E io non posso prenderla in giro. E questo è un limite. Ho preso questo esempio del limite, per dire che nella libertà di espressione ci sono limiti come quello della mia mamma”. Bergoglio usa un neologismo, uno dei suoi tanti neologismi così efficaci, “giocattolizzare” la religione, che a mio avviso esprime alla perfezione la drammatica verità delle cose. La religione oggi in Europa, dopo Comte, dopo Freud, dopo Fromm e dopo molti altri cattivi maestri, è ridotta a qualcosa di infantile, a qualcosa di strampalato, di irrazionale, qualcosa che al massimo può annidarsi nella coscienza, qualcosa che mai può oltrepassare lo spazio del privato. Non si capisce o non si vuole capire che il concetto di laicità, se eretto a sistema ideologico, diventa esso stesso una sorta di credo religioso, peraltro molto aggressivo e tutt’altro che inclusivo. In definitiva è del tutto conseguente che Eugenio Scalfari, nel suo editoriale ormai storico, metta in ombra, per la prima volta e clamorosamente, la figura di Papa Francesco che lui stesso aveva contribuito a “pompare”. “Papa Francesco è un liberale? – si domanda l’ex direttore di Repubblica nell'articolo del 18 gennaio 2015 –. Me lo sono chiesto più volte e tanto più me lo chiedo oggi dopo la storia del pugno da lui minacciato contro chi insulta sua madre, cioè la Chiesa, le religioni. Francesco è sorretto dalla fede. Può un uomo di fede essere liberale? (…) Forse Francesco ha sbagliato a minacciare il pugno contro chi insulta le religioni, ma il precedente c'è e il pugno dovrebbe essere, credo io, una norma che vieti e punisca chi si prende gioco delle religioni. Puoi criticarle, certamente, ma non insultarle. Questo è il pugno. Voltaire non sarebbe d'accordo ma non possiamo chiedere a Francesco di esser volterriano”. E così, se Papa Francesco non può essere liberale, né tantomeno volterriano, scoppia la bolla di sapone, finisce la grande illusione, tutta mediatica, che ha retto quella sorta di pax scalfariana intorno a Papa Bergoglio per tutto questo tempo (sempre in bilico per le affermazioni e gli atti del pontefice non in linea, diciamo così, con questa specie di leggenda metropolitana seguita all’elezione del 13 marzo 2013). E non poteva che essere tale l’epilogo. Chi legge questo blog ricorderà i miei articoli sull’argomento. Scalfari & company se ne facciano una ragione. Francesco è un Papa. Punto. Né di destra, né di sinistra. Né progressista, né conservatore. E un Papa, si sa, rompe tutti gli schemi predefiniti, porta sempre la novità e la verità di Cristo, che è spiazzante. (Risvolto, questo sì davvero umoristico della vicenda: gli opinion leader restano prima o poi irretiti nei loro schemi. Leggete gli editoriali di Giuliano Ferrara e ne avrete una prova!...)