“Cristo
ha detto, secondo i Vangeli, di porgere l'altra guancia a chi ti
insulta. Francesco invece lo minaccia con un pugno”.
È questo uno dei passaggi più controversi e forti dell’editoriale
di Eugenio Scalfari uscito su Repubblica
domenica scorsa, intitolato “Il pungo di Francesco e la lezione di
Voltaire”. Il fondatore del quotidiano “progressive”
emblema di una grandissima fetta di cultura laicista italiana si è
chiesto, quasi scandalizzato, che cosa sia rimasto del Francesco
intervistato più e più volte dopo le dichiarazioni di Francesco
stesso durante il volo diretto a Manila il 15 gennaio. A domanda di
un giornalista francese su come coniugare libertà di pensiero e
rispetto del credo religioso, Francesco aveva infatti risposto con
una battuta molto chiara.
“Abbiamo
l’obbligo – ha sostenuto il Papa – di dire apertamente, avere
questa libertà, ma senza offendere. Perché è vero che non si può
reagire violentemente, ma se il dott. Gasbarri, grande amico, mi dice
una parolaccia contro la mia mamma, gli arriva un pugno! E’
normale! E’ normale. Non si può provocare, non si può insultare
la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede”.
Il linguaggio è quello immediato, gesticolato, colorito, spiazzante,
del Papa Gesuita, che ormai abbiamo imparato a conoscere e ad
apprezzare. I contenuti, almeno per certa sbiadita cultura
relativistica, sono quelli inaccettabili del Magistero romano nudo e
crudo di sempre, ribadito e citato da Bergoglio. E così il Francesco
delle interviste “aperturiste” (o meglio delle conversazioni
sbobinate liberamente dal fondatore di Repubblica,
come le si definiscono Oltretevere con diplomatico gusto per i
dettagli che contano) è diventato di colpo un Papa scomodo e,
sostiene Scalfari, addirittura inconsapevole dell’insegnamento di
Cristo. Questa follia ci tocca leggere. Scalfari ammette che la
violenza, o meglio il “bastone”, qualcosa come una santa
indignazione, sia ammissibile se il problema è quello dei preti
pedofili, ma mai e poi mai se in questione è la laicità di
Voltaire, ovverosia il diritto a irridere, sbeffeggiare,
caricaturizzare il credo religioso e quanto di più sacro ci sia,
Dio, il tutto in nome di una libertà (che pure è concetto ed
eredità cristiana, non dimentichiamolo!) eretta ad ideologia
illuminista postcristiana. La questione è, se vogliamo, di una
banalità sconcertante. Il Papa ovviamente non ha “assolto” il
terrorismo islamico, non ha inneggiato alla “legittima violenza”
come si è letto in alcuni assurdi editoriali. Ma ha soltanto ripreso
una linea vaticana molto chiara e netta, tipica degli insegnamenti di
Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI (che per affermazioni simili fu
castigato senza pietà dalla stampa liberal),
invitando a riflettere su una caduta di stile della libertà
occidentale e su un secolarismo che è percepito dalle altre culture
mondiali come estremamente aggressivo. Il problema è che da noi le
vignette di Charlie
Hebdo
fanno ridere (e negli archivi del giornale parigino ce ne sono
veramente di tutti i gusti, anche e soprattutto contro la Chiesa),
mentre per qualsiasi altro cittadino di questo mondo sono un insulto.
Forse, quello che impensierisce maggiormente Scalfari è la
citazione, fatta sempre da Bergoglio sul volo papale, di un pensiero
di Ratzinger. “Papa
Benedetto, ha dichiarato Francesco –, in un discorso, non ricordo
bene dove, aveva parlato di questa mentalità post-positivista, della
metafisica post-positivista, che portava alla fine a credere che le
religioni o le espressioni religiose sono una sorta di sottocultura,
che sono tollerate, ma sono poca cosa, non fanno parte della cultura
illuminata. E questa è un’eredità dell’illuminismo. Tanta gente
che sparla delle religioni, le prende in giro, diciamo
‘giocattolizza’ la religione degli altri, questi provocano, e può
accadere quello che accade se il dott. Gasbarri dice qualcosa contro
la mia mamma. C’è un limite. Ogni religione ha dignità, ogni
religione che rispetti la vita umana, la persona umana. E io non
posso prenderla in giro. E questo è un limite. Ho preso questo
esempio del limite, per dire che nella libertà di espressione ci
sono limiti come quello della mia mamma”.
Bergoglio usa un neologismo, uno dei suoi tanti neologismi così
efficaci, “giocattolizzare” la religione, che a mio avviso
esprime alla perfezione la drammatica verità delle cose. La
religione oggi in Europa, dopo Comte, dopo Freud, dopo Fromm e dopo
molti altri cattivi maestri, è ridotta a qualcosa di infantile, a
qualcosa di strampalato, di irrazionale, qualcosa che al massimo può
annidarsi nella coscienza, qualcosa che mai può oltrepassare lo
spazio del privato. Non si capisce o non si vuole capire che il
concetto di laicità, se eretto a sistema ideologico, diventa esso
stesso una sorta di credo religioso, peraltro molto aggressivo e
tutt’altro che inclusivo. In definitiva è del tutto conseguente
che Eugenio Scalfari, nel suo editoriale ormai storico, metta in
ombra, per la prima volta e clamorosamente, la figura di Papa
Francesco che lui stesso aveva contribuito a “pompare”. “Papa
Francesco è un liberale? – si domanda l’ex direttore di
Repubblica
nell'articolo
del 18 gennaio 2015
–. Me lo sono chiesto più volte e tanto più me lo chiedo oggi
dopo la storia del pugno da lui minacciato contro chi insulta sua
madre, cioè la Chiesa, le religioni. Francesco è sorretto dalla
fede. Può un uomo di fede essere liberale? (…) Forse Francesco ha
sbagliato a minacciare il pugno contro chi insulta le religioni, ma
il precedente c'è e il pugno dovrebbe essere, credo io, una norma
che vieti e punisca chi si prende gioco delle religioni. Puoi
criticarle, certamente, ma non insultarle. Questo è il pugno.
Voltaire non sarebbe d'accordo ma non possiamo chiedere a Francesco
di esser volterriano”.
E
così, se Papa Francesco non può essere liberale, né tantomeno
volterriano, scoppia la bolla di sapone, finisce la grande illusione,
tutta mediatica, che ha retto quella sorta di pax scalfariana intorno
a Papa Bergoglio per tutto questo tempo (sempre in bilico per le
affermazioni e gli atti del pontefice non in linea, diciamo così,
con questa specie di leggenda metropolitana seguita all’elezione
del 13 marzo 2013). E non poteva che essere tale l’epilogo. Chi
legge questo blog ricorderà i miei articoli sull’argomento.
Scalfari & company se ne facciano una ragione. Francesco è un
Papa. Punto. Né di destra, né di sinistra. Né progressista, né
conservatore. E un Papa, si sa, rompe tutti gli schemi predefiniti,
porta sempre la novità e la verità di Cristo, che è spiazzante. (Risvolto, questo sì davvero umoristico della vicenda: gli opinion
leader
restano prima o poi irretiti nei loro schemi. Leggete gli
editoriali di Giuliano Ferrara e ne avrete una prova!...)