Sta diventando giorno dopo giorno sempre più propositivo e concreto, forse ardito nelle sue novità così decise e spiazzanti. Il Sinodo voluto da Papa Francesco per l'evangelizzazione dei popoli amazzonici e la difesa della grande foresta, polmone verde del nostro pianeta, è partito in quinta e sembra lanciato a tutta velocità.
Ogni giorno, grazie ai briefing ufficiali organizzati nella sala stampa vaticana, vengono rilanciate all'esterno parecchie tematiche discusse in camera caritatis, che destano emozione e interesse. Si parla di accesso al sacerdozio per gli uomini sposati che vivono nella foresta, di diaconato femminile, di nuovi peccati ecologi (“ecocidio”), di nuove modalità del sacramento della confessione che si riallacciano alla pratica orientale della direzione spirituale. Le proposte suonano come un piccolo “terremoto” per la teologia cattolica, che negli ultimi decenni ha sì iniziato una riflessione su questi argomenti, ma secondo le classiche modalità accademiche che di solito non uscivano dalle aule universitarie né dai convegni per specialisti. La novità è che tutte queste iniziative (e verosimilmente ce ne saranno molte altre) stanno piombando nel centro della cristianità, nel cuore di un sinodo, una dietro l'altra, a causa delle concretissime necessità dei popoli indigeni. Le periferie sono così trasportate al centro della Chiesa secondo un preciso intento di Papa Francesco, che sta dirigendo i lavori con energia e fermezza. Non è azzardato dire che questo sinodo rappresenta il momento chiave del suo pontificato, non tanto e non solo per i contenuti innovatori, quanto per l'incarnazione di una teologia dei popoli che sta interpretando l'evangelizzazione come un processo fortemente inculturato. Nel suo discorso inaugurale, Papa Francesco ha citato non a caso le disillusioni di Matteo Ricci in Cina e di Roberto De Nobili in India. La speranza è che gli errori del passato non vengano ripetuti. Il Papa argentino desidera che l'Ecclesia del terzo millennio marci a ritmi serrati, non perdendo le opportunità missionarie che oggi stanno ribollendo nel fango dei popoli oppressi, per decristallizzare, secondo quanto è possibile e necessario, le impalcature interpretative e operative della teologia. La sintesi dovrà essere assertiva ma ben temperata, per evitare scollature dottrinali e pastorali troppo traumatiche con il passato, anche tenendo conto dell'opposizione interna. Papa Francesco ieri, nel corso dell'udienza, ha risposto per le rime agli “adoratori delle proposizioni dogmatiche”, riferendosi velatamente al gruppo rimasto anonimo che ha scorto delle tesi “eretiche” nell'instrumentum laboris (operazione soltanto mediatica purtroppo ricorrente in questi anni).