lunedì 16 luglio 2018

Il Papa, la Chiesa e lo sterminio dei gatti. Una bufala si aggira per la rete

Diceva Goebbels, il ministro della propaganda nazista: “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”. Il gerarca di Hitler usava la radio, il cinema e i giornali per far passare come vere le notizie che il Fuhrer fabbricava a tavolino. Oggi, nell’era di internet, le chiamiamo fake news, ma lo scopo è sempre lo stesso: manipolare l’opinione pubblica, orientare il consenso, istillare nel modo di pensare della gente quegli effimeri cliché che diverranno col tempo solide “certezze”. Basta solo un po’ d'immaginazione, unita al fiuto sui luoghi virtuali nei quali la falsa notizia sarà più letta e rilanciata.
Un semplice “meme” (un’immagine contenente un breve didascalia capace di attirare l’attenzione) è spesso il metodo più semplice ed efficace per raggiungere l’obiettivo. L’immagine può diventare virale nel giro di pochissime ore, oppure continuare a circolare per giorni, mesi o anni, vista e condivisa costantemente dai tanti ingenui malcapitati, al punto da diventare alla fine un esempio virtuale di effetto-Goebbels. Un caso di questo genere si sta verificando da diverso tempo in rete. Si tratta della presunta “persecuzione” della Chiesa contro i gatti. Ebbene sì, qualcuno ha pensato di aggiungere anche questa alle tante accuse che vengono rivolte a Papi, vescovi e credenti di ieri e di oggi. Non bastavano le crociate, la corruzione del Cinquecento e la pedofilia. Bisognava chiamare in causa anche loro, quei piccoli e simpatici felini che certamente hanno avuto una storia travagliata, fatta di luoghi comuni e di ostilità, di dicerie ingiuste e di ancora più ingiusti trattamenti (ancora oggi diffusi sebbene le loro condizioni di vita siano enormemente migliorate). È nota la superstizione per i gatti neri, ma è ignobile volerla far risalire a un Papa medievale, Gregorio IX, autore di una bolla verso il 1230, la Vox in Rama, nella quale si batté proprio per l’effetto contrario: sradicare le irrazionali superstizioni che coinvolgevano i poveri gatti nei riti satanici e della stregoneria. Questa piaga era molto forte soprattutto in Europa centrale. E infatti il documento è rivolto all’Imperatore Federico e contestualmente a Sigfrido III arcivescovo di Magonza, Corrado II vescovo di Hildesheim, Corrado di Marburgo (uno dei primi inquisitori nonché direttore spirituale di Santa Elisabetta d’Ungheria) e infine ai vescovi della provincia di Magonza. Nella bolla il Papa invita ad estirpare quegli eretici che con i loro “turpi riti” stanno instaurando un clima di terrore, malvagità, depravazione. Descrive con precisione le procedure di iniziazione che prevedevano l’uso di rane, anatre e oche, quindi di un gatto. Dettagli raccapriccianti ci dicono il livello di bassezza di queste riunioni giustamente condannate da Gregorio IX: “Mentre banchettano – scrive il Papa – se ne stanno sdraiati su giacigli e quando il convivio è finito, da una statua che di solito è presente nel corso di queste sedute, un gatto nero delle dimensioni di un cane di piccola taglia scende all’indietro con la coda, il novizio bacia per primo l’ano del gatto, quindi tocca al maestro e infine con ordine a tutti gli altri che sono degni e perfetti”. Gli inventori della crociata della Chiesa contro i gatti citano questo passo per giustificare le loro affermazioni. Peccato però che il testo non faccia la minima menzione di una persecuzione contro i felini, ma inviti com’è normale solo alla ricerca e all’arresto degli uomini che si macchiano di tali nefandezze. Inoltre la bolla menziona, come abbiamo visto, altri animali come rane e oche. Perché contro di loro non c’è mai stata nessuna persecuzione documentata? La verità è che il gatto era malvisto dalla gente non solo perché coinvolto suo malgrado nella stregoneria, ma anche per il suo carattere indipendente e fiero, che oggi al contrario ci affascina così tanto. L'arte sacra spesso si è fatta veicolo di queste considerazioni simboliche negative (celebre l'Annunciazione di Lorenzo Lotto del XVI secolo che raffigura un gatto in fuga davanti all'arcangelo Gabriele). Non mancarono tuttavia nel medioevo numerosi personaggi e anche santi che ebbero una particolare simpatia per i paffuti quattrozampe (ad esempio i beati Guido da Selvena e fra Pacifico da Cerano). Assurdo si rivela poi il collegamento tra la persecuzione dei gatti da parte delle popolazioni europee e l’epidemia di peste nera del 1300, che sarebbe stata causata proprio dall’eccesso di topi conseguente alla mancanza dei loro naturali predatori nelle città. La peste nera fu causata in realtà dall’arrivo di pulci dall’Oriente che infettarono i ratti e da questi il bacillo arrivò all’uomo. Insomma, le accuse contro la Chiesa sono del tutto infondate. Coloro che si battono contro i maltrattamenti di questi bellissimi animali, farebbero bene a segnalare le tante vere persecuzioni di oggi: gatti investiti sulle strade tutti i giorni e lasciati lì, con i segni delle ruote sui loro piccoli corpi, nell’indifferenza. È un’offesa alla bellezza della creazione e alla dignità di ogni essere vivente. Del resto l’ecologia integrale di cui parla Papa Francesco nell’enciclica Ludato si’ è anche questo: il bene di una società si misura non solo nelle relazioni tra gli uomini, ma anche tra questi e l’ambiente, compresi gli animali. Mi piace pensare che i gatti siano una specie di indicatore della qualità di un quartiere o di una cittadina. Colonie gestite responsabilmente sono spesso un segnale di civiltà e di solidarietà fra le persone, mentre è vero il contrario. È frequente che una zona degradata veda l’esistenza di mici in difficoltà. Sarebbe bello che le tante associazioni animaliste si dedicassero a queste riflessioni, piuttosto che sbandierare fake news che non hanno niente di razionale.