lunedì 24 luglio 2017

La Terra “verde” promessa dal Signore. Quando la Bibbia è un inno alla natura

Mentre il popolo di Israele era accampato nel deserto, Mosè descrisse la terra nella quale la lunga carovana, ormai esausta, stava per arrivare a prezzo di sofferenze indicibili: “Una buona terra: terra di torrenti, di fonti e di acque sotterranee, che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; terra di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; terra di ulivi, di olio e di miele” (Dt 8, 7-8). Un aspetto spesso trascurato della Bibbia è la grande attenzione che essa riserva all’ambiente. La storia di Israele, in realtà, è calata in uno scenario naturalistico molto dettagliato, dove il paesaggio, i fenomeni atmosferici, gli animali, le piante, le attività produttive (caccia, pesca, agricoltura) fanno sempre da sfondo alle grandi storie.
L’aspetto da sottolineare è lo speciale rapporto di Israele con la natura e in particolare con il suo territorio. Uno spazio, un “nido” accogliente donato dal Signore, che appare verde, anzi verdissimo. In effetti i paesaggi biblici sono dominati da piante, fiori e alberi con una varietà che ha dell’incredibile. Un recente studio ne ha contati in totale ben 110 (Le piante nella Bibbia, Gangemi editore, 2013). Tra questi ci sono il cocomero, il cetriolo, l’aglio, il pioppo, il pistacchio, l’aloe, la cipolla, l’origano, il sandalo, il melograno, la ginestra, il mirto, l’abete, il fico, la menta, il giglio, l’issopo, la vite e moltissimi altri. Basta fare appello a un po’ di memoria per capire quanto la connessione tra botanica e storie bibliche sia stretta. Ad esempio la colomba inviata da Noè dopo il diluvio riporta un ramoscello di ulivo; il Signore appare ad Abramo vicino a una quercia, e a Mosè in un roveto (ardente); Esaù vende la primogenitura a Giacobbe per un piatto di lenticchie; il profeta Amos è di professione mandriano e intagliatore di sicomori. Anche il Nuovo Testamento, ovviamente, abbonda di riferimenti botanici (dalla preghiera di Gesù nell’orto degli ulivi al suo passaggio nei campi di grano, senza dimenticare le parabole sulla vite e i tralci, il granello di senape, la zizzania, ecc.). Nei salmi la relazione di Israele con la terra raggiunge delle vette poetiche altissime. Ad esempio nel salmo 104, dove la lode a Dio si fa stupore per la bellezza e l’ordine del mondo naturale. “Tu mandi nelle valli acque sorgive perché scorrano tra i monti, dissetino tutte le bestie dei campi e gli asini selvatici estinguano la loro sete. In alto abitano gli uccelli del cielo e cantano tra le fronde. Dalle tue dimore tu irrighi i monti, e con il frutto delle tue opere si sazia la terra. Tu fai crescere l'erba per il bestiame e le piante che l'uomo coltiva per trarre cibo dalla terra, vino che allieta il cuore dell'uomo, olio che fa brillare il suo volto e pane che sostiene il suo cuore. Sono sazi gli alberi del Signore, i cedri del Libano da lui piantati. Là gli uccelli fanno il loro nido e sui cipressi la cicogna ha la sua casa; le alte montagne per le capre selvatiche, le rocce rifugio per gli iràci”. (Gli iràci sono, per la cronaca, dei simpatici mammifferi simili ai conigli o ai tassi).  Spesso anche il linguaggio dei profeti chiama in causa gli alberi per esprimere simbolicamente la maestà di Dio. Così nel bellissimo passo di Osea, dove Dio afferma di essere “come un cipresso sempre verde” (Os 14,9). La Bibbia è un vero canto di amore per la natura, opera di Dio, dono affidato in custodia all’uomo. Lo ha ricordato anche Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, quando sottolinea la straordinaria sensibilità della Sacra Scrittura nei confronti dell’ambiente. Insegnamento più che mai valido nel nostro tempo.