“Sappiamo che Pio XII e i suoi collaboratori della Chiesa hanno salvato ed aiutato 6.288 ebrei a Roma, che rappresentano il 63,04% del totale, che sono due terzi dei 9.975 ebrei presenti a Roma al 4 giugno 1944”. A parlare è l’archivista olandese Dominiek Oversteyns fso che, in un convegno organizzato a Roma lo scorso 2 marzo dalla Postulazione di Pio XII, ha sfornato numeri, tabelle e percentuali. La ricca documentazione mostra come Papa Pacelli, contrariamente alle calunnie divulgate a proposito dei suoi “silenzi”, abbia fatto tutto il necessario per salvare gli ebrei di Roma con i fatti.
Senza alzare la voce ma mettendo in moto silenziosamente, come le circostanze suggerivano, un’efficiente macchina di solidarietà che andava dai Palazzi Vaticani ai seminari, dalle università alle parrocchie e infine ai conventi della Città Santa. Sono state ritrovate addirittura le liste degli ebrei protetti dal Vaticano. Il dato nuovo è che, afferma Oversteyns, già prima dell’inizio del rastrellamento del 16 ottobre 1943 Pio XII aveva provveduto personalmente o tramite i propri collaboratori a nascondere nei monasteri circa 700 ebrei. Durante l’occupazione nazista alcuni ebrei furono addirittura nominati bibliotecari o funzionari delle pontificie università oppure inseriti nella guardia palatina al solo scopo di offrire loro una via di salvezza. Interessante anche la documentazione relativa ai conventi. “Si evidenzia che dei 235 conventi nei quali erano nascosti gli ebrei, 84 furono conventi maschili e 151 conventi femminili”. Negli otto mesi di occupazione “sono conosciute ben 60 aggressioni dei nazisti contro i 235 conventi1”, un dato che mostra quanto la situazione fosse difficile. Oversteyns viene quindi al nocciolo della questione. Perché Pio XII non condannò mai pubblicamente quella situazione? “Troviamo un papa Pacelli – sostiene – che con il Vaticano e la Chiesa sta aiutando già 500 ebrei, nascondendoli in 48 conventi prima del rastrellamento, un papa che insieme con il Vaticano e la Chiesa faceva tutto per mettere fine alla razzia e salvare molti ebrei, aprendo conventi sia durante che dopo il rastrellamento fino al 4 giugno 1944. Un papa che fece di tutto, insieme con il Vaticano e la Chiesa per liberare gli ebrei arrestati e un papa che rimase in silenzio, nei bui giorni della razzia e che non protestò pubblicamente contro Hitler e i nazisti. Perché? Perché non voleva mettere a rischio la vita di quelle parecchie migliaia di ebrei che furono, in quei giorni, nascosti proprio nei conventi a Roma. Una protesta di questo tipo poteva determinare il rischio che i nazisti per vendetta facessero irruzione nei conventi, nel Vaticano e nelle sue sedi extraterritoriali”. Lo studio, forte di nuove testimonianze di ebrei (e consultabile nel sito della Postulazione), dirada l’ingiusta nebbia creata intorno al pontefice a partire dal dopoguerra. Ne emerge un Pacelli intento a tessere una vera e propria rete di solidarietà, invisibile e discreta, e attento a non compromettere gli sforzi con mosse azzardate e proclami inutili. Roma era occupata. Contava agire più che parlare. È quello che fece il grande Pio XII.