domenica 24 gennaio 2016

Il discorso di Francesco che rompe i tabù

Il primo che ha cercato di ridimensionare il discorso di Papa Francesco alla Sacra Rota (pieno di richiami al Magistero tradizionale della Chiesa, sebbene temperato, com’è nello stile del pontificato, da una viva preoccupazione pastorale per i lontani e “feriti”), è stato, ovviamente, Eugenio Scalfari. Nel suo editoriale di questa mattina, il fondatore di Repubblica ha cercato di smorzare l’effetto dirompente dell’intervento bergogliano.
Che segna uno spartiacque nell’atteggiamento mostrato in altre vicende simili. In passato, Bergoglio non era mai entrato nel vivo di argomenti sensibili come bioetica, aborto e famiglie. Semmai aveva fatto scorrere un certo tempo per poi attaccare seccamente e richiamare l’insegnamento ufficiale della Chiesa. Quello di sempre. E invece, due giorni fa, ha optato per una “discesa in campo” molto netta, proprio mentre in Italia si contrappongono due fronti agguerriti e la CEI viene ostacolata in tutti i modi. Il rimando immediato è alle battaglie ruiniane che Giovanni Paolo II sosteneva a piene mani e anche, in certa misura, agli scontri sui pacs che vedevano coinvolti senza veli e con unità d'intenti Benedetto XVI e il cardinale Bagnasco. Il discorso mirato di Papa Francesco, che ha parlato senza mezzi termini di “errori” e di “verità del matrimonio” può forse stupire e allarmare commentatori come Scalfari che hanno puntato le loro fiches sul concetto di rottura e di ermeneutica della discontinuità. Ma questa lettura sa tanto di talare tirata a più non posso. Francesco è, certamente, differente nello stile. E' empatico, osserva la società secolarizzata non tanto come un muro da sfondare (dietro il quale si celerebbe un passato roseo appena sfiorito), ma come un interlocutore di ferro, con cui fare i conti sul lungo termine. Eppure il suo ancoraggio agli ultimi pontificati è evidentissimo. Ne è la prova una citazione di Paolo VI (il Papa che passò alla storia come la bestia nera dei movimenti abortisti e divorzisti) proprio nel discorso alla Sacra Rota. Questo il passaggio: «Come affermò il beato Paolo VI, la Chiesa ha sempre rivolto “uno sguardo particolare, pieno di sollecitudine e di amore, alla famiglia ed ai suoi problemi. Per mezzo del matrimonio e della famiglia Iddio ha sapientemente unite due tra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna, per il quale essi sono chiamati a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale. O per meglio dire: Dio ha voluto rendere partecipi gli sposi del suo amore: dell’amore personale che Egli ha per ciascuno di essi e per il quale li chiama ad aiutarsi e a donarsi vicendevolmente per raggiungere la pienezza della loro vita personale; e dell’amore che Egli porta all’umanità e a tutti i suoi figli, e per il quale desidera moltiplicare i figli degli uomini per renderli partecipi della sua vita e della sua felicità eterna”». È chiaro, quindi, che questa presa di posizione avrà riflessi non secondari sulle discussioni in corso tanto nelle piazze quanto in parlamento