L’8 dicembre 2015 Papa Francesco aprirà la Porta Santa della
Basilica di San Pietro e darà inizio al Giubileo della Misericordia. Per la
prima volta nella storia l’evento avrà
una copertura digitale fortissima, incredibilmente superiore al Giubileo del
2000. In quel caso le strategie comunicative della Chiesa passarono per canali “tradizionali”
come la TV, le riviste cartacee e la Radio Vaticana (potenziata per l’occasione).
Discreto fu il riverbero su internet, che non era, all’epoca, il monstrum attuale. Nel giro di 15 anni è
cambiato tutto. Oggi la regola fondamentale del web 2.0 (così chiamato proprio
per marcare le differenze da quello "primordiale") è la condivisione. Per
questo uno degli obiettivi del Pontificio Consiglio della Nuova
Evangelizzazione diretto da mons. Salvatore Fisichella è rendere l’evento il più possibile social.
Nei mesi passati il dicastero ha
iniziato a diffondere notizie, link e contenuti su Twitter e Facebook,
dimostrando di comprendere appieno il nuovo stile minimalistico, ma capillare,
imposto dalle nuove forme di interazione. È il tentativo di permeare la cultura
digitale al suo interno con una comunicazione informale, discreta, breve, ma
continua e intuitiva. Non a caso il lancio ufficiale del sito in 7 lingue (italiano,
inglese, spagnolo, francese, portoghese, polacco, tedesco) si caratterizza per
un’appariscente condivisione su ben cinque social network (oltre a Twitter e Facebook,
Instagram, Google Plus e Flickr). È allo studio anche un’apposita app per seguire gli eventi del Giubileo.
Questo approccio segue in un certo senso la logica dello “sporcarsi le mani”
che sta caratterizzando il pontificato di Francesco. Rendendo il flusso
comunicativo “omeopatico”, si può giungere davvero fino agli estremi confini del
cyberspazio e alle “periferie esistenziali” di bergogliana memoria, che sono
poi, anche, le periferie della nostra vita quotidiana ormai immersa in questa
cultura liquida che è il digitale. Correndo il rischio, consapevolmente, di
esporsi ai tanti problemi di questa cultura, siano essi contenutistici (come i fenomeni
di stupidità collettiva) oppure strutturali. Infatti una comunicazione
ecclesiastica che vuole digitalizzarsi e dunque decentralizzarsi si espone alla
precarietà e può eventualmente fluttuare. E comunque, la sfida è di quelle
appassionanti. Il logo appare emblematico delle finalità, comunicative oltre
che pastorali e teologiche, messe in campo per questo Giubileo Straordinario. Rappresenta
infatti il Buon Pastore che porta i segni della crocifissione e si carica sulle
spalle l’uomo ferito, diventa anzi quasi un tutt’uno con esso. “Misericordiosi
come il Padre”, il motto posto a fianco dell’“icona”, esprime il desiderio di
comprensione e di empatia che la Chiesa intende mostrare verso l’uomo
contemporaneo. Forse più social che
in passato, ma sempre bisognoso dell’amore di Dio.