A Rio se ne sono viste anche di più curiose. Ad esempio, durante la sfilata in mezzo a milioni di giovani riuniti per la veglia di preghiera, ha fatto fermare la papamobile per sorseggiare un po’ di mate (una bevanda tipica brasiliana leggermente alcolica) addirittura da una cannuccia. E che dire dell’automobile ufficiale scelta per il viaggio, una comunissima Fiat Idea al posto dell’ormai d’obbligo limousine di ordinanza? In questi mesi Francesco si è dimostrato un comunicatore forte, schietto, che non teme la vicinanza delle folle, e anzi sembra cercare continuamente il contatto con il Popolo di Dio, in particolare gli ammalati. Nell’omelia della Messa crismale ha spronato i sacerdoti ad avere l’“odore delle pecore” e ad ungere con l’olio della grazia, espressioni che trovano nei suoi gesti un’eloquente conferma. La stessa uscita sulla loggia di San Pietro la sera dell’elezione (e il sottoscritto era presente) è stata improntata a una francescana semplicità che ha colto subito nel segno (via la mozzetta rossa, l’impatto era quello di un semplice Vescovo completamente vestito di bianco). Non è un caso che i mass media di tutto il mondo si siano dilungati sul crocifisso di vile “metallo” anziché d’oro. Quella sera cominciai a pensare che l’umiltà di Francesco, più che una rivoluzione “vaticana”, era una sfida lanciata proprio a noi, cristiani spesso “inamidati” e attaccati al bon ton. Proprio come San Francesco iniziò il suo apostolato spogliandosi davanti al Vescovo di Assisi, così Papa Francesco ha cominciato a parlarci con i gesti di una “diminuzione” del superfluo, con la forza di un disinteresse per i beni materiali e le insegne altisonanti. Per andare al cuore del messaggio. La “nudità di Dio”, ha affermato nel memorabile discorso all’episcopato brasiliano, spesso ci sconvolge. Ma è proprio questa la sfida.
Il Blog di Antonio Marguccio. Per difendere la Santa Chiesa Cattolica e il Papa
domenica 25 agosto 2013
Un Papa che regala lo zucchetto. Francesco e la rivoluzione dei gesti
A Rio se ne sono viste anche di più curiose. Ad esempio, durante la sfilata in mezzo a milioni di giovani riuniti per la veglia di preghiera, ha fatto fermare la papamobile per sorseggiare un po’ di mate (una bevanda tipica brasiliana leggermente alcolica) addirittura da una cannuccia. E che dire dell’automobile ufficiale scelta per il viaggio, una comunissima Fiat Idea al posto dell’ormai d’obbligo limousine di ordinanza? In questi mesi Francesco si è dimostrato un comunicatore forte, schietto, che non teme la vicinanza delle folle, e anzi sembra cercare continuamente il contatto con il Popolo di Dio, in particolare gli ammalati. Nell’omelia della Messa crismale ha spronato i sacerdoti ad avere l’“odore delle pecore” e ad ungere con l’olio della grazia, espressioni che trovano nei suoi gesti un’eloquente conferma. La stessa uscita sulla loggia di San Pietro la sera dell’elezione (e il sottoscritto era presente) è stata improntata a una francescana semplicità che ha colto subito nel segno (via la mozzetta rossa, l’impatto era quello di un semplice Vescovo completamente vestito di bianco). Non è un caso che i mass media di tutto il mondo si siano dilungati sul crocifisso di vile “metallo” anziché d’oro. Quella sera cominciai a pensare che l’umiltà di Francesco, più che una rivoluzione “vaticana”, era una sfida lanciata proprio a noi, cristiani spesso “inamidati” e attaccati al bon ton. Proprio come San Francesco iniziò il suo apostolato spogliandosi davanti al Vescovo di Assisi, così Papa Francesco ha cominciato a parlarci con i gesti di una “diminuzione” del superfluo, con la forza di un disinteresse per i beni materiali e le insegne altisonanti. Per andare al cuore del messaggio. La “nudità di Dio”, ha affermato nel memorabile discorso all’episcopato brasiliano, spesso ci sconvolge. Ma è proprio questa la sfida.