Come
si sa fu Paolo VI l’ultimo Pontefice Massimo ad accettare il triregno, peraltro
alquanto stilizzato e poi messo all’asta per darne il ricavato ai poveri. Dopo
di lui, sotto la spinta del concilio che invitava a recuperare l’essenziale,
Giovanni Paolo I lo sostituì con l’imposizione del pallio e della mitria
episcopale. Lo stesso fecero Wojtyla e Ratzinger, quest’ultimo recuperando la
forma gotica della fascia di lana (rappresentazione del Buon Pastore che porta
sulle spalle la pecorella smarrita), la stessa, anche se con una lieve
variante, che ha indossato Bergoglio. Insomma, non è un caso che la barocca
“Messa d’intronizzazione” conosca da una quarantina d’anni a questa parte una
mutazione silenziosa ma sostanziale. Le origini di questo sfoltimento sono
anche storiche. Prima di Porta Pia il potere temporale era avvinghiato alla
barca di Pietro come un’edera e i Papi facevano fatica a distinguere le due
cose. Ad esempio esistono delle lettere di Pio IX che denunciano come sacrilega
l’annessione italiana degli Stati Pontifici, provvidenzialmente assegnati alla
potestà pontificia e quindi intangibili. Passato qualche anno ci si accorse
però che la perdita del “Patrimonium Petri” era come l’aver gettato inutili
zavorre dalla barca. Non discutiamo della grave ripercussione che questo causò nei
territori ex pontifici e in genere in Italia per via della dualità tra Chiesa e
Stato laico (le cui conseguenze ancora oggi sono vivissime). L’“alleggerimento”
del papato fu chiaramente constatabile nel 1914 quando Benedetto XV denunciò
senza peli sulla lingua “l’inutile strage” della prima guerra mondiale (nel
1848 invece Pio IX era finito in un vicolo cieco attirandosi l’ira di tutti,
italiani e austriaci, a causa di un evidente “conflitto di interessi” con il
Risorgimento). Detto in altri termini il Papato poteva guardare finalmente
all’essenziale delle cose senza limitanti preoccupazioni diplomatiche, ed anzi
proprio la sua povertà territoriale esaltava il messaggio spirituale. Quando
Pio XI siglò il concordato disse appunto che la Città del Vaticano era un
piccolo piedistallo per autogestire la sede apostolica, sottolinearne
l’imparzialità ed evitare pericolose intromissioni politiche, ma niente di più.
Ancora una volta la provvidenzialità di questo processo apparve poco dopo con
le denunce di Pio XII durante la seconda guerra mondiale e anche recentemente,
quando Giovanni Paolo II criticò, con le forze che gli rimanevano, la seconda
guerra irachena. In quella circostanza molti fecero notare che il Vaticano era
diventato un polo mondiale per la richiesta di legalità, oscurando un’ONU
esangue. La mondializzazione del papato procede di pari passo con il ritorno
alle radici. Non è un caso che la leadership spirituale sia accompagnata dal
rifiuto delle vecchie “chincaglierie” temporalistiche e che i simboli esprimano
un desiderio di essenzialità evangelica. Papa Francesco, presentatosi con le
“coordinate” episcopali e romane, sta esplicitando un desiderio latente nella
coscienza ecclesiale, un anelito all’unità nella diversità in prospettiva
cattolica ed ecumenica. La sua attenzione alle “periferie del cuore”, ai poveri
che ha voluto come familiari nella Messa inaugurale di ieri, è un vero e
proprio atto di governo, del tutto conseguente con la speranza di una “Chiesa
povera e per i poveri”. È come se Roma fosse chiamata a mostrare l’origine del suo primato
episcopale e quindi petrino, un primato che, come ricordava Sant’Ignazio di
Antiochia, non può che risiedere nella carità.
Il Blog di Antonio Marguccio. Per difendere la Santa Chiesa Cattolica e il Papa
martedì 19 marzo 2013
Lo Spirito in azione. Il grande inizio di Papa Francesco in prospettiva storica
La sua prima Messa in S. Pietro Papa Francesco l’ha voluta
essenziale. I simboli petrini sono apparsi ridotti all’osso (pallio e anello
del pescatore) non molto diversi da quelli che accompagnano un vescovo mentre
prende possesso della propria diocesi. Non è una frattura rispetto al passato
ma l’inevitabile conseguenza di un ciclo storico e di un “soffio” spirituale
che nonostante tutte le avversità continua a gonfiare le vele del papato.