Breve ma intenso, il viaggio di Giovanni Paolo II a San Marino fu
contraddistinto dalla calorosa accoglienza degli abitanti e delle autorità. Il
Papa, che fu nel territorio della Repubblica per sole cinque ore prima di fare
ritorno in Vaticano dopo una sosta a Rimini per il III “Meeting per l'amicizia
tra i popoli”, pronunciò tre discorsi ufficiali: un discorso alle autorità,
un'omelia durante la Messa
domenicale allo stadio di Serravalle, un Angelus
al termine della stessa.
La visita venne
favorita da una serie di inviti ufficiali da parte dei Capitani Reggenti e
dall'incontro con questi avvenuto il 18 settembre 1980 a Castelgandolfo. In
quell'occasione il Papa aveva iniziato una riflessione sulla libertà – motto
programmatico della Repubblica – individuando in essa la vera chiave di volta
della storia sammarinese e al tempo stesso il principio da alimentare senza
sosta con la fede, soprattutto in un'epoca come quella attuale soggetta ad
“opposte scelte”[1]
di carattere etico. I temi di questo discorso vennero ripresi e ampliati
proprio in occasione della Visita apostolica di domenica 29 agosto 1982.
Il discorso alle Autorità: “La vostra Comunità civile reca fin dalla
nascita, quale componente fondamentale e direi istituzionale, il valore della
fede”[2]. Giovanni Paolo II, primo Papa della storia
a visitare San Marino, arrivò nella prima mattina a Fonte dell'Ovo, versante
sud-ovest del Monte Titano. Sceso dall'aeroplano baciò la terra e salutò i due
capitani reggenti di allora, Giuseppe Maiani e Marino Venturini. Nel discorso
inaugurale espresse il proprio omaggio alla “diletta Repubblica, illustre per
un glorioso passato costantemente distinto da profondi aneliti di libertà, di
giustizia e di pace, nel segno di una fede cristiana non mai sopita”. La storia
della Comunità sammarinese, affermò, “offre la fedele presenza di un valore fondamentale, quello della libertà”,
che ha formato nel tempo il carattere degli abitanti. “Proprio tale valore –
proseguì – amo richiamare e pubblicamente esaltare in questo incontro,
invitando a considerare, prima ancora degli aspetti politici, quelli morali e
l’intima sua radice spirituale”. La libertà venne così configurata come
attributo fondamentale dell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio e
pienamente realizzato nell'“opera restauratrice compiuta da Cristo: è lui il vero liberatore dell’uomo!”.
Un secondo valore fondante e riscontrabile nella qualità della vita di San
Marino venne identificato nella laboriosità, virtù morale che indirizza il
lavoro umano verso un progressivo affinamento e che trova anch'essa
“corrispondenza al dono della libertà e risposta al mandato divino dato
all’uomo di esercitare un’illuminata e saggia signoria sul creato”. Infine un
terzo valore, la fede, fu oggetto dell'ultima parte del discorso. “La società
che tende appassionatamente verso il futuro – ammonì –, in realtà ha paura del
futuro. Una condizione tanto drammatica mette in luce che l’uomo, nella sua
affannosa sollecitudine verso il progresso, ha bisogno soprattutto di
motivazioni certe e di valori assoluti”. Quindi ribadì che la fede cristiana è
anche “fede nella radicale dignità dell'uomo” e che ridimensionare questo dato
comporterebbe anche un inevitabile ridimensionamento dei presupposti di
giustizia e libertà. Incoraggiò in conclusione le autorità a proseguire in
questo nobile servizio, memori della fede come atto fondativo della comunità,
evitando visioni egemoniche del potere pubblico e perseguendo invece la tutela
della società (in particolare la famiglia e la scuola) da “metodi e contenuti
spiritualmente neutri ed eticamente minimistici” e dallo “svuotamento dei valori
cristiani” oggi in atto.
Dopo la cerimonia di accoglienza Giovanni
Paolo II venne ricevuto a Palazzo Pubblico per apporre la firma sul Libro d'Oro
degli ospiti illustri della Repubblica di San Marino e quindi entrò solennemente
nella Sala del Consiglio, il Parlamento del piccolo Stato. Dopo aver sostato in
preghiera all’interno della Basilica che conserva le reliquie del santo, si
diresse a Serravalle per la
Messa domenicale.
La
S. Messa
nello stadio di Serravalle: “È necessario sempre più, proprio per opporsi alle
attuali minacce alla libertà, formare le coscienze secondo una morale cristiana
non già superficiale ed esteriore ma costruita sul rispetto della libertà
propria e di quella degli altri e soprattutto sul rispetto della sacra Volontà
di Dio, che è il Creatore ed il Datore della Libertà”[3]. L'omelia ebbe come punto focale un verso
del Salmo 26: “Mostraci, Signore, la tua via/guidaci sul retto cammino”. Le
parole del Salmo, affermò il Papa, “mi danno lo spunto per ringraziare il
Signore di aver 'guidato il mio cammino' fino qui, alla gloriosa Repubblica di
San Marino”. Sottolineando la prima volta dell'arrivo di un Papa nella città
turrita, espresse il voto che la circostanza potesse favorire un
approfondimento della vita di fede degli abitanti.
L'omelia ruotò
anch'essa attorno al tema della libertà, valore soggetto oggi a interpretazioni
“diverse ed opposte” con “conseguenze pratiche spesso in contrasto tra loro”.
Nella parte introduttiva del testo (nn. 1 e 2) illustrò le nobili origini della
comunità sorta sul monte Titano per opera dell'anacoreta Marino, chiarendo di
voler tralasciare questioni storiografiche e concentrandosi sulla continuità
della devozione e sui frutti ottenuti nella sfera pubblica in coerenza con l'anelito
di libertà del santo, che secondo la tradizione avrebbe consegnato ai suoi
confratelli le eloquenti parole: “Figli, vi lascio liberi”. Tali parole,
sottolineò il Papa, “formano, per così dire, l’ideale fondamento storico,
politico e giuridico della vostra Repubblica; esse, nel contesto locale di
allora, facevano riferimento al territorio della vostra Comunità ed
interpretavano le finalità più avvertite delle incipienti istituzioni; esse, in
prospettiva storica, davano l’avvio ad un’autonomia politica che è giunta
intatta fino ad oggi e che si apre vigorosamente verso il futuro”.
“In che consiste – si
domandò poi – questo messaggio di libertà nel senso cristiano?”. La riflessione
fu oggetto del numero 3 del testo, che raccoglie una serie di citazioni tratte
dalle Lettere di San Paolo, in particolare il passo “Dove c'è lo Spirito del
Signore, c'è libertà” (2 Cor 3, 17) e il versetto giovanneo “conoscerete la
verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). Suggerì quindi un legame saldo
della libertà in senso cristocentrico, nell'apertura alla verità della Parola
di Dio e nell'amore per gli altri. “L’uso della libertà – affermò – alla luce
della verità cristiana e con l’aiuto della grazia, deve diventare allora
carità, amore, donazione; deve cioè recare i frutti dello Spirito che sono la
gioia, la pace, la pazienza, la benevolenza, la bontà . . . (cf. Gal 5, 22). Con espressione di sapore
agostiniano dirò: la verità ci ha resi liberi; la carità ci deve fare servitori
gli uni degli altri!”. La parte finale (nn. 4 e 5) venne dedicata alle minacce
alla libertà ed ebbe una forte centralizzazione sul tema della famiglia,
fondata sul matrimonio indissolubile, e sul diritto alla vita.
“Quali sono – si
domandò ancora il Papa – le attuali minacce alla libertà cristiana? Gli errori
di oggi e di sempre, cioè la visione atea, agnostica o solo illuministica della
vita – proseguì –, inducono, talvolta per motivi inconfessati di potere, a
rendere evanescenti nelle varie istituzioni della compagine sociale i valori
trascendenti, fondamento della libertà e della dignità umana. In una parola,
una visione areligiosa dell’uomo e della storia conduce alla violazione della
legge divina, e quindi all’uso errato della libertà”. Propose quindi un passo
della lettura del giorno, “accogliere con docilità la parola che è stata
seminata in noi” (Gc 1, 21), come risposta agli interrogativi dell'epoca
attuale. “Ciò – aggiunse – vale in modo particolare ed emblematico, per la vita
della famiglia, cellula fondamentale della società, basata sul matrimonio.
Questo, infatti, è stato elevato da Cristo Gesù alla dignità di sacramento per
rafforzare e santificare l’amore degli sposi, da Dio voluto indissolubile e
fedele fin dalle origini dell’umanità, come l’istituto che ne deriva”. In pari
tempo sottolineò che il matrimonio è aperto per sua natura alla trasmissione
della vita umana “ed in ogni caso rispettoso di essa fin dal concepimento”.
Concluse quindi la sua omelia facendo appello ai sammarinesi affinché costruiscano il loro futuro sulla base di una
libertà responsabile, nel rispetto della propria vocazione cristiana e
nell'affidamento a Dio, “Creatore e Datore della Libertà”.
L'Angelus: “La Madonna vi aiuti ad usare
sempre rettamente la libertà, secondo la legge di Dio e la migliore tradizione
della vostra Repubblica”[4]. A conclusione della Messa Giovanni Paolo II
si rivolse ai fedeli per la recita dell'Angelus.
Ricordando il dono della Parola di Dio, seminata fin dalle origini della
Repubblica, invitò i fedeli ad offrire con lui “tutte le espressioni di amore e di fiducia” che le diverse
generazioni “hanno indirizzato a Cristo ed a sua Madre”. Invocò quindi
l'intercessione della Madonna per un uso retto della libertà, “secondo la legge
di Dio e la migliore tradizione della vostra Repubblica”, facendo ancora
particolare riferimento ai “valori della famiglia”.
[1] Discorso ai Capitani Reggenti della
Repubblica di San Marino, Castelgandolfo, 18 settembre 1980
[2] Discorso ai Capitani Reggenti e alle
Autorità della Repubblica di San Marino, San Marino, 29 agosto 1982
[3] Cfr. S. Messa nello Stadio di Serravalle,
29 agosto 1982, n. 5
[4] Angelus, S. Marino, 29 agosto 1982, n.
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