martedì 17 maggio 2011

Ricordando Giovanni Paolo II a San Marino (servizio per Radio Vaticana)



Breve ma intenso, il viaggio di Giovanni Paolo II a San Marino fu contraddistinto dalla calorosa accoglienza degli abitanti e delle autorità. Il Papa, che fu nel territorio della Repubblica per sole cinque ore prima di fare ritorno in Vaticano dopo una sosta a Rimini per il III “Meeting per l'amicizia tra i popoli”, pronunciò tre discorsi ufficiali: un discorso alle autorità, un'omelia durante la Messa domenicale allo stadio di Serravalle, un Angelus al termine della stessa.

            La visita venne favorita da una serie di inviti ufficiali da parte dei Capitani Reggenti e dall'incontro con questi avvenuto il 18 settembre 1980 a Castelgandolfo. In quell'occasione il Papa aveva iniziato una riflessione sulla libertà – motto programmatico della Repubblica – individuando in essa la vera chiave di volta della storia sammarinese e al tempo stesso il principio da alimentare senza sosta con la fede, soprattutto in un'epoca come quella attuale soggetta ad “opposte scelte”[1] di carattere etico. I temi di questo discorso vennero ripresi e ampliati proprio in occasione della Visita apostolica di domenica 29 agosto 1982.

Il discorso alle Autorità: “La vostra Comunità civile reca fin dalla nascita, quale componente fondamentale e direi istituzionale, il valore della fede”[2]. Giovanni Paolo II, primo Papa della storia a visitare San Marino, arrivò nella prima mattina a Fonte dell'Ovo, versante sud-ovest del Monte Titano. Sceso dall'aeroplano baciò la terra e salutò i due capitani reggenti di allora, Giuseppe Maiani e Marino Venturini. Nel discorso inaugurale espresse il proprio omaggio alla “diletta Repubblica, illustre per un glorioso passato costantemente distinto da profondi aneliti di libertà, di giustizia e di pace, nel segno di una fede cristiana non mai sopita”. La storia della Comunità sammarinese, affermò, “offre la fedele presenza di un valore fondamentale, quello della libertà”, che ha formato nel tempo il carattere degli abitanti. “Proprio tale valore – proseguì – amo richiamare e pubblicamente esaltare in questo incontro, invitando a considerare, prima ancora degli aspetti politici, quelli morali e l’intima sua radice spirituale”. La libertà venne così configurata come attributo fondamentale dell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio e pienamente realizzato nell'“opera restauratrice compiuta da Cristo: è lui il vero liberatore dell’uomo!”. Un secondo valore fondante e riscontrabile nella qualità della vita di San Marino venne identificato nella laboriosità, virtù morale che indirizza il lavoro umano verso un progressivo affinamento e che trova anch'essa “corrispondenza al dono della libertà e risposta al mandato divino dato all’uomo di esercitare un’illuminata e saggia signoria sul creato”. Infine un terzo valore, la fede, fu oggetto dell'ultima parte del discorso. “La società che tende appassionatamente verso il futuro – ammonì –, in realtà ha paura del futuro. Una condizione tanto drammatica mette in luce che l’uomo, nella sua affannosa sollecitudine verso il progresso, ha bisogno soprattutto di motivazioni certe e di valori assoluti”. Quindi ribadì che la fede cristiana è anche “fede nella radicale dignità dell'uomo” e che ridimensionare questo dato comporterebbe anche un inevitabile ridimensionamento dei presupposti di giustizia e libertà. Incoraggiò in conclusione le autorità a proseguire in questo nobile servizio, memori della fede come atto fondativo della comunità, evitando visioni egemoniche del potere pubblico e perseguendo invece la tutela della società (in particolare la famiglia e la scuola) da “metodi e contenuti spiritualmente neutri ed eticamente minimistici” e dallo “svuotamento dei valori cristiani” oggi in atto.
Dopo la cerimonia di accoglienza Giovanni Paolo II venne ricevuto a Palazzo Pubblico per apporre la firma sul Libro d'Oro degli ospiti illustri della Repubblica di San Marino e quindi entrò solennemente nella Sala del Consiglio, il Parlamento del piccolo Stato. Dopo aver sostato in preghiera all’interno della Basilica che conserva le reliquie del santo, si diresse a Serravalle per la Messa domenicale.

La S. Messa nello stadio di Serravalle: “È necessario sempre più, proprio per opporsi alle attuali minacce alla libertà, formare le coscienze secondo una morale cristiana non già superficiale ed esteriore ma costruita sul rispetto della libertà propria e di quella degli altri e soprattutto sul rispetto della sacra Volontà di Dio, che è il Creatore ed il Datore della Libertà”[3]. L'omelia ebbe come punto focale un verso del Salmo 26: “Mostraci, Signore, la tua via/guidaci sul retto cammino”. Le parole del Salmo, affermò il Papa, “mi danno lo spunto per ringraziare il Signore di aver 'guidato il mio cammino' fino qui, alla gloriosa Repubblica di San Marino”. Sottolineando la prima volta dell'arrivo di un Papa nella città turrita, espresse il voto che la circostanza potesse favorire un approfondimento della vita di fede degli abitanti.
            L'omelia ruotò anch'essa attorno al tema della libertà, valore soggetto oggi a interpretazioni “diverse ed opposte” con “conseguenze pratiche spesso in contrasto tra loro”. Nella parte introduttiva del testo (nn. 1 e 2) illustrò le nobili origini della comunità sorta sul monte Titano per opera dell'anacoreta Marino, chiarendo di voler tralasciare questioni storiografiche e concentrandosi sulla continuità della devozione e sui frutti ottenuti nella sfera pubblica in coerenza con l'anelito di libertà del santo, che secondo la tradizione avrebbe consegnato ai suoi confratelli le eloquenti parole: “Figli, vi lascio liberi”. Tali parole, sottolineò il Papa, “formano, per così dire, l’ideale fondamento storico, politico e giuridico della vostra Repubblica; esse, nel contesto locale di allora, facevano riferimento al territorio della vostra Comunità ed interpretavano le finalità più avvertite delle incipienti istituzioni; esse, in prospettiva storica, davano l’avvio ad un’autonomia politica che è giunta intatta fino ad oggi e che si apre vigorosamente verso il futuro”.
            “In che consiste – si domandò poi – questo messaggio di libertà nel senso cristiano?”. La riflessione fu oggetto del numero 3 del testo, che raccoglie una serie di citazioni tratte dalle Lettere di San Paolo, in particolare il passo “Dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà” (2 Cor 3, 17) e il versetto giovanneo “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). Suggerì quindi un legame saldo della libertà in senso cristocentrico, nell'apertura alla verità della Parola di Dio e nell'amore per gli altri. “L’uso della libertà – affermò – alla luce della verità cristiana e con l’aiuto della grazia, deve diventare allora carità, amore, donazione; deve cioè recare i frutti dello Spirito che sono la gioia, la pace, la pazienza, la benevolenza, la bontà . . . (cf. Gal 5, 22). Con espressione di sapore agostiniano dirò: la verità ci ha resi liberi; la carità ci deve fare servitori gli uni degli altri!”. La parte finale (nn. 4 e 5) venne dedicata alle minacce alla libertà ed ebbe una forte centralizzazione sul tema della famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, e sul diritto alla vita.
            “Quali sono – si domandò ancora il Papa – le attuali minacce alla libertà cristiana? Gli errori di oggi e di sempre, cioè la visione atea, agnostica o solo illuministica della vita – proseguì –, inducono, talvolta per motivi inconfessati di potere, a rendere evanescenti nelle varie istituzioni della compagine sociale i valori trascendenti, fondamento della libertà e della dignità umana. In una parola, una visione areligiosa dell’uomo e della storia conduce alla violazione della legge divina, e quindi all’uso errato della libertà”. Propose quindi un passo della lettura del giorno, “accogliere con docilità la parola che è stata seminata in noi” (Gc 1, 21), come risposta agli interrogativi dell'epoca attuale. “Ciò – aggiunse – vale in modo particolare ed emblematico, per la vita della famiglia, cellula fondamentale della società, basata sul matrimonio. Questo, infatti, è stato elevato da Cristo Gesù alla dignità di sacramento per rafforzare e santificare l’amore degli sposi, da Dio voluto indissolubile e fedele fin dalle origini dell’umanità, come l’istituto che ne deriva”. In pari tempo sottolineò che il matrimonio è aperto per sua natura alla trasmissione della vita umana “ed in ogni caso rispettoso di essa fin dal concepimento”. Concluse quindi la sua omelia facendo appello ai sammarinesi affinché  costruiscano il loro futuro sulla base di una libertà responsabile, nel rispetto della propria vocazione cristiana e nell'affidamento a Dio, “Creatore e Datore della Libertà”.

L'Angelus: “La Madonna vi aiuti ad usare sempre rettamente la libertà, secondo la legge di Dio e la migliore tradizione della vostra Repubblica”[4]. A conclusione della Messa Giovanni Paolo II si rivolse ai fedeli per la recita dell'Angelus. Ricordando il dono della Parola di Dio, seminata fin dalle origini della Repubblica, invitò i fedeli ad offrire con lui “tutte le espressioni di  amore e di fiducia” che le diverse generazioni “hanno indirizzato a Cristo ed a sua Madre”. Invocò quindi l'intercessione della Madonna per un uso retto della libertà, “secondo la legge di Dio e la migliore tradizione della vostra Repubblica”, facendo ancora particolare riferimento ai “valori della famiglia”.


[1]     Discorso ai Capitani Reggenti della Repubblica di San Marino, Castelgandolfo, 18 settembre 1980
[2]     Discorso ai Capitani Reggenti e alle Autorità della Repubblica di San Marino, San Marino, 29 agosto 1982
[3]     Cfr. S. Messa nello Stadio di Serravalle, 29 agosto 1982, n. 5
[4]     Angelus, S. Marino, 29 agosto 1982, n. 3