mercoledì 12 maggio 2010

L'e-vangelizzazione secondo Benedetto XVI. Il Messaggio del Papa per la 44ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “Il Presbitero nell’impatto con il mondo digitale deve far trasparire il suo cuore di consacrato, per dare un’anima non solo al proprio impegno pastorale, ma anche all’ininterrotto flusso comunicativo della 'rete'”.

Tradizionalmente i messaggi dei pontefici per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (espressamente prevista  dal documento conciliare Inter Mirifica del 1963) sono l'occasione per fare il punto su tematiche in piena evoluzione e dalle implicazioni spesso inesplorate anche a livello sociologico o culturale. A discapito di una certa idea di lentezza che affliggerebbe gli apparati ecclesiastici nel campo della comunicazione, i papi si sono dimostrati, non solo in questi ultimi cinquant'anni, sempre al passo con i tempi,
desiderosi di aggiornare lo stile comunicativo dei loro interventi dottrinali e pastorali, in modo che potessero risultare comprensibili ad una società mondiale sempre più interculturale e globalizzata. Così, solo per ricordare le tappe più significative di questo processo, fu grazie a Papa Pio XI che il Vaticano poté usufruire di una stazione radiotrasmittente all'avanguardia, progettata e realizzata nel 1931 da Guglielmo Marconi. Grazie a questo mezzo la voce dei Papi divenne per la prima volta uno strumento di evangelizzazione ed in virtù di esso l'apparato pontificio subì un positivo stimolo alla semplificazione, poiché il complesso cerimoniale ereditato dall'epoca barocca si spostò verso l'essenziale di una parola che poteva essere solo udita da un pubblico mondiale. Il magistero di conseguenza tornò ad una dimensione profetica, come dimostrò Pio XII con il suo vibrante appello radio alla vigilia della seconda Guerra Mondiale (“Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”, 24 agosto 1939), seguito qualche anno dopo anche da Giovanni XXIII in coincidenza della crisi di Cuba. Ma fu con Paolo VI che si verificarono i mutamenti più evidenti. Ultimo a cingere la tiara (subito consegnata all'asta a scopo di beneficenza), Montini sfrondò il cerimoniale papale abolendo gran parte dei servizi onorifici del Vaticano, istituì la Sala Stampa della Santa Sede (16 ottobre 1966), costruì la Sala Nervi per le udienze generali, compì i primi grandi viaggi internazionali e divenne così portavoce del dialogo tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. Nei suoi messaggi per la Giornata delle Comunicazioni Sociali denunciò “le evasioni superficiali e deprimenti” cui spesso i media sono asserviti ed espresse in termini ancora attuali l'atteggiamento della Chiesa che “propone per questi mezzi – affermava nel Messaggio del 1976 – un ulteriore traguardo ed addita a chi li adopera un compito ben più nobile ed urgente: quello di servire la causa dei diritti e dei doveri primordiali dell’uomo”. Al centro di questa visione vi è un rapporto non traumatico ma proficuo e collaborativo tra la Chiesa e il mondo della cultura, considerato come il vero anello di congiunzione tra una fede ereditata ed una fede vissuta modernamente (aspetto questo chiaramente rintracciabile anche nell'attuale pontificato).

L'esplosione dei media digitali e soprattutto di Internet ha aperto una nuova fase di analisi e orientamento etico ben lungi dall'essersi conclusa. Giovanni Paolo II, che ha fatto della sede di Pietro una cattedra itinerante e multimediale grazie ai numerosi viaggi e al fascino televisivo, si è espresso in maniera chiarissima nell'istruzione pastorale Aetatis Novae (1992), laddove si afferma che la libertà di comunicare è parte della libertà religiosa e che la Chiesa è costitutivamente chiamata ad annunciare il Vangelo. Inoltre, il documento segna una forte svolta teorica sostenendo che i media non agiscono solo quali intermediari culturali ma creano essi stessi una cultura di sfondo che inevitabilmente coinvolgerà le strutture ecclesiastiche. Durante il pontificato di Benedetto XVI stiamo assistendo proprio alla riformulazione della visibilità mediatica della Chiesa e nella fattispecie della cattedra di Pietro. Se da una parte la cultura di internet (policentrica, aperta alla condivisione e alla libera fruibilità dei contenuti e sempre più orientata a divenire luogo di incontro e discussione) irrompe come non mai nei processi di formazione dell'identità collettiva, dall'altra il fatto religioso tende ad essere marginalizzato o relativizzato e diventa il più delle volte una semplice manifestazione dell'io. La rete manifesta insomma “una vocazione aperta, tendenzialmente egualitaria e pluralista” e può diventare uno spazio fondamentale per comunicare la fede a tempo di bit. Ma essa non è immune da una serie di pericoli che allo stato attuale sembrano caratterizzarla: “pericoli – specifica il Papa nel suo recente discorso ai partecipanti del convegno Cei “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale” – di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell’intimità della persona”. Ridare allora un'anima al cyberspazio sembra essere la parola chiave dell'e-vangelizzazione 2.0. All'esserci più o meno indiscriminato occorre oggi preferire una qualificazione morale che trovi il suo aggancio nella comunione viva del Popolo di Dio. Così si spiega la centralità che Benedetto XVI, nel Messaggio di quest'anno (“Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”) assegna alla figura del presbitero. Questi può essere infatti il vero agente creativo capace di operare una sintesi fra il “servizio alla Parola e della Parola” e le nuove forme comunicative che brulicano in rete. In altri termini ai sacerdoti “è richiesta la capacità di essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al messaggio evangelico, per esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità che si esprimono ormai, sempre più spesso, attraverso le tante 'voci' scaturite dal mondo digitale, ed annunciare il Vangelo avvalendosi, accanto agli strumenti tradizionali, dell’apporto di quella nuova generazione di audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web), che rappresentano inedite occasioni di dialogo e utili mezzi anche per l’evangelizzazione e la catechesi”. Che il Papa non pensi al web come ad un campo di missione pura e semplice ma ad uno spazio radicalmente nuovo che implica un ripensamento delle stesse modalità di evangelizzazione, lo indica il suo riferimento ai non credenti, per i quali egli ipotizza una prima applicazione del simbolico “cortile dei Gentili”, ovvero quello spazio di incontro destinato a quanti non credono ma cercano sinceramente “verità non caduche”. Nella prassi Benedetto XVI si sta rivelando un fedele attuatore dei propri insegnamenti. Sotto la sua direzione infatti i principali media vaticani conoscono oggi una riorganizzazione funzionale, a cominciare dalla sinergia tra CTV e Radio Vaticana (entrambi guidati da padre Federico Lombardi) che ha portato nel gennaio 2009 alla nascita del canale The Vatican su YouTube. Da non dimenticare inoltre lo sbarco, anche questo pionieristico, su Facebook, grazie alla messa a disposizione di applicazioni centrate sull'attività del Papa. A livello magisteriale è prevista inoltre la pubblicazione di un nuovo documento che sostituisca l'Aetatis Novae, di cui, come ha riferito mons. Claudio Maria Celli, è stata già redatta una prima bozza.