Nell'omelia per il Mercoledì delle Ceneri e
nell'Udienza Generale, Benedetto XVI ha più volte citato il Messaggio di
Quaresima che quest'anno è ispirato ad un un passo della Lettera di San Paolo
ai Romani: “La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in
Cristo” (Rm 3,21-22).
È principalmente in questi tre testi che il Pontefice ha
condensato un “itinerario quaresimale” di grande profondità. I legami immediati
sono da ricondurre alla magna charta del magistero sociale del pontificato,
anche se la prospettiva di Caritas In Veritate sulla giustizia del “dare
a ciascuno il suo” e su ciò che la supera (“la carità eccede la giustizia”)
subisce per così dire un cambio di angolatura che mette stavolta al centro le
dinamiche microsociali o per meglio dire l'uomo stesso con il suo universo
interiore fatto di precarietà, il suo anelito di giustizia e di amore. Ciò non
significa mettere tra parentesi i problemi materiali e strutturali più
immediati, che espongono “centinaia di
milioni di essere umani alla morte per mancanza di cibo, di acqua e di
medicine”. Ma significa al contrario completare il quadro dei bisogni che
definiscono l'uomo in quanto tale. Accanto e oltre alla giustizia sociale
macroeconomica (definita “distributiva”), l'uomo ha bisogno di autentiche
relazioni interpersonali che scaturiscano dall'amicizia con Dio. Questa grazia
“dona pace e forza di compiere il bene, di amare anche chi non lo merita, di
perdonare chi ci ha offeso”. Una dimensione infinitesimale della giustizia che
trae la sua perentorietà dal falso mito (smascherato da Gesù stesso)
dell'impurità esteriore o, si direbbe oggi, delle grandi teorie che, come il
marxismo e oggi il neoliberismo globalizzato, cercano di indagare le cause
delle disfunzioni sociali essenzialmente nelle strutture macroscopiche. “Molte delle moderne ideologie – rileva il
Papa – hanno, a ben vedere, questo presupposto: poiché l’ingiustizia viene 'da
fuori', affinché regni la giustizia è sufficiente rimuovere le cause esteriori
che ne impediscono l’attuazione. Questo modo di pensare - ammonisce Gesù - è
ingenuo e miope. L’ingiustizia, frutto del male, non ha radici esclusivamente
esterne; ha origine nel cuore umano, dove si trovano i germi di una misteriosa connivenza
col male”. L'annuncio cristiano, proprio in quanto fondato sul concetto del
peccato originale e della grazia sovrabbondante scaturita dalla Croce, risponde
invece “positivamente alla sete di giustizia dell’uomo” e confida nella
giustizia divina, “profondamente diversa da quella umana” e che si manifesta
nei doni sacramentali della Penitenza e dell'Eucaristia. In questa luce il
tempo della Quaresima è non solo liturgicamente un modello di conversione e di
apertura alla grazia, sia nella direzione di una purificazione personale, sia
nello stimolo a edificare “società giuste, dove tutti ricevono il necessario
per vivere secondo la propria dignità di uomini e dove la
giustizia è vivificata dall’amore”.