Da circa tre ore sta bruciando uno dei monumenti cristiani più conosciuti in Europa e nel mondo. La Cattedrale di Notre Dame di Parigi è avvolta dalle fiamme che hanno già divorato il tetto e la famosa guglia "a spina", ripresa in diretta mentre si inclina e collassa. L’immagine sta facendo il giro del mondo.
Certo, non è questa la prima volta che una chiesa antica e famosa viene distrutta dal fuoco. Penso soprattutto all’incendio della Basilica di San Paolo Fuori le Mura a Roma nella notte del 1832. Ma in questa serata triste, nella quale va in fumo un edificio unico al mondo, con una lunga storia alle spalle, fatta di sublime arte medievale, di saccheggi ideologici e di pazienti ricostruzioni, penso proprio a quella guglia, sormontata da una croce, che ormai non c’è più. Vedendo le riprese televisive istintivamente ho pensato all’11 settembre 2001, quando le tv americane diffusero le immagini del crollo delle Torri Gemelle di New York. Forse è il destino di questo nostro XXI secolo quello di tenere i telespettatori di tutto il pianeta incantati e impotenti davanti ai filmati di torri e guglie che cadono al suolo, simboli della nostra voglia di innalzarci al cielo, di pensare in grande e di costruire qualcosa che ci emozioni e che venga ammirato nel tempo. Nel caso di Notre Dame, la croce che cade in una fiammata arancione è un segno che turba, un fotogramma che graffia le nostre speranze, ma che non deve fiaccare il nostro spirito.