“In musica amo Mozart,
ovviamente. Quell’Et
Incarnatus est della
sua Missa in Do è insuperabile: ti porta a Dio!”. Così Papa
Francesco, in un'intervista alla Civiltà Cattolica nel settembre
2013, raccontava la sua grande passione per la Messa in do minore k
427, capolavoro incompiuto di Mozart. Nessuno, in quel momento, si sarebbe
mai aspettato che l'Incarnatus Est potesse essere eseguito durante una Messa in San Pietro alla presenza del pontefice. E invece così
è stato.
Proprio pochi giorni fa, nella Messa della notte di Natale,
il canto del Credo in gregoriano è stato inframmezzato da
un'esecuzione del brano ad opera dell'orchestra sinfonica
di Pittsburgh diretta da Manfred Honeck (solista il soprano di
origini israeliane Chen Reiss). Il tutto mentre Papa Francesco ascoltava in ginocchio. Quella di un'orchestra a San Pietro
non è stata la prima volta. Nel 1985 Giovanni Paolo II infatti ruppe
la tradizione facendo eseguire da Herbert Von Karajan un'altra Messa
di Mozart, quella dell'Incoronazione. E anche Benedetto XVI in
seguito officiò una liturgia nella Basilica Vaticana con le musiche
di Haydn. La scelta di Francesco ha avuto però un impatto più
vistoso. In effetti il brano mozartiano è stato inserito nel bel
mezzo del canto del Credo eseguito in alternanza tra la Cappella
Sistina e il Coro-guida del Pontificio Istituto di Musica Sacra
accompagnato dall'organo. Per evitare un passaggio troppo brusco da
uno stile all'altro, proprio l'organo, egregiamente suonato dal
maestro titolare Juan Paradell Solé, ha preludiato l'inizio del
versetto mozartiano (stessa soluzione, ovvero un postludio, é stata
adottata per passare da Mozart al gregoriano). E così ci siamo
goduti un “esperimento” musicale senza dubbio inedito ma di
grande effetto, frutto della regia del maestro direttore della
Sistina Massimo Palombella. Tra l'altro, il 12 dicembre scorso, festa
della Madonna di Guadalupe, un'altra celebrazione decisamente
inculturata e “in avanti” rispetto alla prassi è stata la Messa
Creola del compositore argentino Ariel Ramirez. Inutile dire che il
pianoforte, le chitarre e le fragorose percussioni etniche hanno
creato un'ambientazione decisamente suggestiva, visto che la Basilica
Vaticana è da secoli abituata alle solenni armonie di Pierluigi da
Palestrina (ma questa è un'altra storia!...).