martedì 20 febbraio 2024

Angeli e bestie. Una rilettura dell'angelus di Papa Francesco di inizio quaresima

Cristo stava in compagnia di bestie selvatiche e angeli. Nel vangelo di Marco che scandisce questo anno liturgico, la descrizione dell'esperienza del deserto vissuta da Gesù prima della sua predicazione pubblica, intorno all'estate del 28 d.C., viene riassunta con parole scarne rispetto agli altri due sinottici, che non contengono l'accenno alle belve feroci (soltanto Matteo alla fine delle tentazioni accenna agli angeli). Se il senso letterale e immediato evoca un contesto di desolazione e di pericolo, visto il contatto ravvicinato con gli animali che da sempre hanno messo paura agli uomini per la loro voracità e forza, quello allegorico rimanda a una dimensione interiore nella quale è il combattimento spirituale ad essere immaginato come una contrapposizione tra pericolosi vizi e sananti virtù. Quest'ultima interpretazione è stata oggetto di meditazione da parte di Papa Francesco nello scorso angelus del 18 febbraio, il primo di questa quaresima alla quale il Santo Padre ha dedicato un messaggio proprio sull'esperienza del deserto. Rientrando in noi stessi, facendo silenzio e accostandoci alla preghiera, possiamo creare un deserto nella nostra interiorità, e inevitabilmente, prima o poi, vi incontreremo bestie selvatiche e angeli. “Bestie selvatiche. In che senso? Nella vita spirituale – ha spiegato Papa Bergoglio – possiamo pensarle come le passioni disordinate che dividono il cuore, tentando di possederlo. Ci suggestionano, sembrano seducenti ma, se non stiamo attenti, rischiano di sbranarci”. E poi ci sono anche gli angeli. “Essi sono i messaggeri di Dio, che ci aiutano, ci fanno del bene; infatti la loro caratteristica secondo il Vangelo è il servizio: esattamente il contrario del possesso, tipico delle passioni”. Le passioni impersonate dalle fiere consumano e avvampano in un barlume di piacere, ma poi ti fanno sentire uno schifo. Questo è lo stile del diavolo, inconfondibile. I suggerimenti angelici della coscienza fanno gustare invece “il sapore del Cielo”, un'esperienza di gioia vera. Ma non solo. Le bestie sono anche l'allegoria della guerra degli uomini, che è sempre una lotta fratricida e sacrilega, distruttrice dell'uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio. Penso a quella “belva” che se ne sta acquattata davanti a Caino prima dell'uccisione del fratello Abele (Gn 4, 7). E penso a un grande scrittore cattolico del Novecento di cui è in corso la causa di canonizzazione, Igino Giordani, il soldato pacifista della prima guerra mondiale che negli assalti sparava in alto per non ferire i soldati “fratelli” austriaci. In uno suo libro sulla Madonna, ne esaltò l'azione di pace fra i suoi figli. “In dipinti famosi e deliziosi – scriveva –, Maria fu rappresentata come una Madre regina, che aduna sotto il manto di viola e d'oro anche le belve. E si voleva dire che, se la terra è corsa da esseri umani crudeli come tigri, aggressivi come giaguari, astuti come volpi, lei – solo lei – madre di grazia, intelligenza della maternità, che vuol dire donazione di vita, può mansuefarli, sino a farli convivere. C'è lei; e quegli avversari, scatenati al fratricidio, risentono il contraccolpo della innocenza e cadono ai suoi piedi, a contemplarla, riscoprendo nelle pupille verginali i volti dei fratelli: riscoprono la stella nella notte orrida. La rappresentazione di quei dipinti non s'usa più: ma gli scatenamenti omicidi s'usano. Essi cessano, se mettiamo in mezzo a noi la Madonna, capace di far sentire ai figli la sua maternità, e quindi la loro fraternità” (Maria modello perfetto, p. 101). Sono passati oltre cinquant'anni da quando Giordani scriveva queste illuminate righe, ma l'uomo è ancora nel deserto a compiere le sue scelte. Angeli o bestie: a chi darà ascolto? L'auspicio e la preghiera sono quelli di Papa Francesco in conclusione del suo angelus, affinché “la Vergine santa, che ha custodito la Parola e non si è lasciata sfiorare dalle tentazioni del maligno, ci aiuti nel cammino”.